Non possiamo non decidere! Che si tratti delle incombenze più banali o delle scelte più significative, ci troviamo continuamente davanti all’esigenza di prendere delle decisioni. A volte prendiamo decisioni sulla scorta dell’emotività per poi pentircene molto presto, altre volte non sempre riusciamo a decidere in maniera radicale, ma cerchiamo facilmente dei compromessi; talvolta ci sentiamo bloccati, irretiti, incapaci di scegliere liberamente.
Questa dimensione fondamentale della vita costituisce necessariamente la base anche della vita spirituale, che consiste nella decisione di seguire il Signore.
Il discernimento dunque non può essere solo un accessorio o un optional della vita spirituale, il discernimento è la vita spirituale stessa, la consapevolezza cioè di quello che Dio sta operando in noi per poterlo accogliere. Questa relazione tra discernimento e sequela di Gesù emerge dalla struttura stessa del testo del Vangelo di questa domenica: la pericope inizia e finisce con le parole di Gesù sulla sequela («non può essere mio discepolo…» cf Lc 14,26 e 33), ma queste parole formano una cornice che contiene significativamente due esempi di discernimento: l’uomo che deve costruire una torre e il Re che deve andare in battaglia. Il discernimento quindi è il cuore della sequela.
Ci sono infatti diversi modi di vivere la sequela e talvolta ci possiamo anche illudere di seguire Gesù. Nel testo infatti Gesù impone un cambiamento di preposizione: molte persone andavano verso (pros) di lui, ma Gesù precisa che il discepolo è colui che va dietro (opiso) il maestro. Andare verso Gesù significa andare da lui secondo le nostre necessità, senza però fare mai la fatica di andare dove lui va o di stare dove lui si ferma. Andare verso Gesù significa vivere una fede esteriore, che però non si compromette mai. Andare verso Gesù non significa stare con lui: si può andare verso Gesù continuando a conservare i propri criteri, le proprie ragioni, il proprio stile di vita.