La prima notizia sulla chiesa di Voltabrusegana si trova nell’atto di donazione dell’8 settembre 1088 quando compare anche il toponimo Volta. L’agglomerato di case e i terreni vengon donati dal vescovo Milone al monastero femminile padovano di San Pietro assieme alla «cappella che ivi è costruita in onore di san Martino». Come inizio non può superare di molto il secolo X, periodo di assetto del territorio con disboscamento e bonifica.
Probabilmente la cappella venne rifatta e ingrandita a metà XIV secolo e il vescovo Ormaneto nella Visita del 1572 ricorda che, consacrata il 1° maggio 1365, possedeva tre altari: il maggiore e quelli alla Madonna e San Rocco.
Il parroco don Angelo Giorgio, nel 1696, relaziona che aveva quattro altari (Maggiore, Madonna del Rosario e ai Santi Antonio e Rocco) e «che si fa l’ufficio e la sagra dei santi Filippo e Giacomo il primo maggio», citando le parole di consacrazione della chiesa.
Nella Visita del cardinale Nicola Giustiniani del 1777, giunto da Brusegana a Volta con una barca, perché il Bacchiglione correva dietro ambedue le chiese, il parroco don Domenico Magarotto conferma la data di consacrazione, «come da una lapide posta nel muro destro della Madonna» e la celebrazione della sagra. Gli altari risultano tre: il maggiore a San Martino, al Rosario e a Sant’Antonio, questo dotato (interessante!) d’una reliquia della pianeta del Santo.
Medesima situazione si riscontra nelle Visite del 1822 e 1887, ma in quest’ultima don Domenico Pellizzari ricorda che «la tradizione popolare dichiara che la primitiva chiesa parrocchiale esisteva nella proprietà Folco Matteo, presso la quale da pochi anni si rinvenivano le fondamenta d’essa, nonché il cimitero colle stesse fondamenta e tombe sepolcrali». Non si è mai indagato su tale asserzione anche se suppongo sia nata confusione con un edificio sacro, appena al di là del fiume, in territorio selvazzanese, ove abitavano i Folco.