Incontro dei catechisti del Vicariato del Bassanello
I catechisti del Vicariato del Bassanello sono stati invitati a partecipare, nel pomeriggio di domenica 14 gennaio, ad un incontro di preghiera e di spiritualità.
Ci siamo ritrovati, dalle parrocchie di Mandria, Voltabrusegana, don Bosco, S.S. Crocifisso, Salboro e dall’Unità Pastorale alla Guizza, nella cappellina della Chiesa di Don Bosco: catechiste e catechisti, alcune suore impegnate nella catechesi, don Cristiano di Salboro e don Andrea della Guizza.
E’ stato un pomeriggio molto intenso, sulla scia dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Ci si potrebbe chiedere quale sia il legame tra catechisti e il famoso romanzo storico. Nel pomeriggio lo abbiamo scoperto, andando a vedere le figure di don Abbondio, dell’Innominato e di Lucia.
Tra spezzoni del film in bianco e nero con Gino Cervi, realizzato nel 1941, brani del Vangelo, approfondimenti e riflessioni, ne è venuto fuori un quadro a colori che ha illuminato e fatto luce nei nostri cuori.
Don Abbondio, con la sua fragilità e le sue paure rappresenta le nostre fragilità, specie quando non sappiamo gestirle perché pensiamo di non essere all’altezza per poterle superare. Il paragone è con Pietro, il discepolo di Gesù, che rinnega di essere suo discepolo per tre volte.
Per il cristiano, la domanda da farsi è: ci sentiamo difensori di Gesù a spada tratta oppure cerchiamo di essere suoi testimoni con l’esempio della nostra vita? Ci sentiamo parte di una comunità o preferiamo fare per conto nostro?
Siamo tutti vasi di terracotta in mezzo a tanti vasi di ferro. Il vaso ci rappresenta. Sta a noi capire cosa farne!
Veniamo dunque all’Innominato, che aveva affrontato la debolezza indurendo il cuore, compiendo gesti efferati. Eppure, l’incontro con Lucia, la frase “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” fa crollare, nel suo cuore, la corazza che si era costruita.
Il paragone, questa volta, è con il figlio della parabola del Padre misericordioso, che torna a casa dopo una vita dissoluta. L’Innominato va a trovare il cardinale Borromeo perché si sentiva l’inferno nel cuore. Il figliol prodigo torna perché non ha più da mangiare. In entrambi i casi, la risposta di Dio è di rigenerare, restituire la dignità dei figli. Dio ci può togliere la corazza che induriva il nostro cuore per restituirci la veste dei figli di Dio.
E il vaso di terracotta che ora torna alla luce, perché non più “protetto” dal vaso di ferro, può non rompersi se ci affidiamo a Qualcuno più grande di noi. Dio ci permette di stare dentro le nostre fragilità senza averne paura.
Lucia, vittima del prepotente di turno, don Rodrigo, che la vorrebbe come cosa sua, si affida alla Provvidenza. Il suo non è un atteggiamento passivo o debole. Anzi proprio in quella che sembra debolezza, si rivela la forza di Lucia.
Anche san Paolo vive un’esperienza di debolezza, una spina nella carne che non gli dà pace. Chiede di esserne liberato ma il Signore gli risponde “Ti basta la mia grazia”.
C’è modo e modo per vivere con le proprie fragilità. Se le accogliamo e cerchiamo quale buona notizia Dio ci vuole dare dentro quelle fragilità, allora troveremo pace nel cuore.
Le debolezze di cui parla san Paolo non sono le debolezze di carattere o i nostri sbagli, ma le debolezze incontrate mentre si spende la vita per il Signore, oltraggi, difficoltà, persecuzioni, angosce sofferte per Cristo.
Siamo chiamati a non mettere noi al centro della nostra vita, ma la forza del Vangelo, che va avanti al di là dei nostri sforzi per annunciarlo.
L’incontro dei catechisti è stato accompagnato anche da simboli: un vaso di terracotta, una pentola di ferro, una pianta con otto fiori rossi che rappresentano le chiese del vicariato e un fiore bianco al centro, Gesù. Ci mettiamo attorno a lui come comunità in cammino insieme.
Annamaria Mazzia