La scienza cerca d’indagare come sono andate le cose, quindi di trovare soluzioni pratiche alla risoluzione di problemi. Fede e filosofia non possono occuparsi di ciò, non ne avrebbero gli strumenti e il loro compito è differente, non diverso: diverso[1] vorrebbe dire in direzione contraria, di allontanamento da un punto; differente[2] può voler dire, in un certo senso, complementare. Infatti, fede e filosofia si occupano del perché, ovvero cercano d’interrogarsi sui significati degli eventi che accadono al fine di trovare risposte di senso, la prima con l’ausilio della rivelazione che “illumina” le facoltà dell’uomo, la seconda con la ragione e le capacità umane. Per sole ragioni di spazio, di seguito ci si occuperà della fede, e ciò non perché le facoltà umane non meritino approfondimenti.
Il primo “perché” da porre alla fede è il quesito che riguarda la sofferenza: perché l’uomo deve soffrire e perché su così larga scala nel caso della pandemia? Perché questa sofferenza ha coinvolto in modo repentino così tanti ambiti dell’esistenza umana: la salute fisica e quella psichica, le relazioni e gli spostamenti, le abitudini quotidiane e l’economia, i singoli, le famiglie e le istituzioni? E perché su grandezza mondiale e per così tanto tempo?
Ovviamente non si potrà rispondere a tutto ciò, non lo si potrà fare in questa sede ristretta, ma difficilmente potrebbe riuscirci un’intera enciclopedia. Tuttavia, è già rilevante dover porre la domanda in questo articolato modo, perché ciò fa emergere la complessità della questione. È però possibile fissare dei punti.
La narrazione della Scrittura
- Anche qualora il vaccino risolvesse la questione sanitaria, e se lo potesse fare velocemente, rimarrebbero aperte molte altre importanti domande che toccano la vita dei singoli e dell’umanità. Una prima considerazione, che va accolta non come una sconfitta, è che esistono dei problemi che superano le capacità dell’uomo come anche di tutta l’umanità. Nella rivelazione biblica, sia veterotestamentaria sia neotestamentaria, spesso l’umanità in questione si trova ad affrontare eventi superiori alle possibilità reali della stessa: ad esempio il popolo eletto da Dio, Israele, è una piccola nazione che si è trovata a dover affrontare, a volte vincendo[3] altre subendo la sconfitta fino alla deportazione[4], popoli e regni ben superiori in termini di forza. Similmente Gesù, nel nuovo testamento mostra di intervenire di fronte a forze della natura[5], fisiche[6] e anche spirituali[7], che sono superiori alle capacità dell’uomo del tempo[8].
- Se c’è un male che trascende le forze dell’uomo, vi è un Dio che trascende le forze del male e interviene nel momento necessario. Anche in questo frangente si dovrebbero fare molte specifiche, infatti questa affermazione risulta essere alquanto generica, ma in questa sede ci si deve attestare su questa semplice considerazione.
La rivelazione propone un “perché”
Alla luce della rivelazione emerge un altro elemento che, nel caso specifico della pandemia, merita di essere considerato con maggiore attenzione. Gesù, quando deve affrontare il male più grande, quello che attacca la sua stessa divinità e, quindi, la possibilità per gli uomini, almeno agli occhi degli ebrei del tempo, di essere salvati dal dominatore romano, lui che ha dimostrato di dominare le forze della natura, quelle fisiche e anche quelle spirituali, in questa situazione parrebbe scegliere di non voler sconfiggere il male. In effetti una delle frasi d’accusa che gli rivolgono è: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto»[9]. Perché Dio non interviene? Perché Gesù sceglie di non fare Dio? Escludendo la risposta che “non lo possa fare” sempre per praticità, anche se questa scelta meriterebbe di essere argomentata, in modo surrettizio s’imbocca la via di quella che dovrebbe essere la sua scelta: Gesù opta per non intervenire anche se avrebbe potuto farlo[10].
- Anzitutto va precisata questa sua scelta: Gesù opta di non intervenire immediatamente e di non farlo lui, ma di credere che sarà suo Padre a farlo[11]. Non si vuole però correre troppo velocemente alla conclusione, piuttosto cercare di rimanere nel gioco drammatico di queste libere volontà, e per fare ciò si deve porre attenzione ai gesti e alle parole di Gesù. Gesù sceglie di sottomettersi ai poteri del tempo: religiosi[12], politici[13] e sociali[14]. Il male che Cristo vuole sconfiggere sembra non identificarsi, secondo lui, nelle costruzioni sociali, tantomeno nelle persone. Gesù opera come una sorta di distinzione che già lo aveva contraddistinto in altre occasioni: ad esempio non accusa la peccatrice ma condanna il male della stessa[15].
- Gesù mostra di sconfiggere il male con il bene anche se il male realmente lo distrugge. Nel suo atroce calvario e nelle infinite umiliazioni che deve subire, non si trovano in lui mai parole di vendetta, di lamentela o di rivendicazione, tantomeno gesti di rabbia e di violenza[16]. Gesù mostra una determinazione che rasenta l’assurdo nel combattere il male con il bene. Anche quando il bene appare o è realmente sconfitto nel dramma della morte, lui continua a credere in qualcosa di buono e che va oltre tutto. La sua fiducia è senza misura nei confronti del bene che difende e mette in pratica in modo a dir poco determinato.
- Dove poggia la convinzione di Gesù? Egli ha imparato durante sua esperienza terrena, che Dio Padre non lo ha mai abbandonato, per ciò non lo avrebbe fatto neanche in futuro. Gesù aveva un rapporto così intimo con Dio Padre al punto che nessun evento esterno lo avrebbe mai convinto del contrario, neppure la sua stessa morte: ciò deve essere qualcosa di simile alla convinzione che lega i figli ai genitori.
- Accettando di non sconfiggere il male, Gesù, compie un’operazione che va ben oltre l’empatia. Egli, infatti, si pone in solidarietà incarnata con i sofferenti di tutti i tempi. Gesù conosce bene cosa significa essere ammalato, umiliato, trattato ingiustamente, perché ha potuto vivere tutto ciò nella sua carne. Questa opzione appare assurda su tutti i piani: nessuno può chiedere tanto, né la legge morale né il diritto, nessuno per amore può chiedere questo. Gesù fonda la sua scelta su una propria personale motivazione. Tuttavia, bisogna pur considerare che l’opzione di Gesù interpella ciascuno perché ha in sé un significato che trascende tutti i ragionevoli significati fin qui esposti: è pure vero che per amore, qualcuno è disposto a dare almeno un pezzo della sua vita per noi, e ciò rende tale persona significativa per chi riceve questo. Ella non dona delle sue funzioni o capacità, ma dona la sua stessa vita. Questa scelta, che si pone al di là di tutte le norme, credo sia da ritenersi il modo più autentico per far sentire che la “tua vita” è preziosa perché io la sto “pagando” con la mia. Un Dio che “paga con la sua vita” la mia, che si mette dentro alla mia esistenza quando si fa più difficile e sporca, non si è mai visto e credo sia difficile credervi proprio per questo motivo.
- Gesù è l’abbandonato che si «Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre,nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò»[17]. Si tratta di una di quelle esperienze in cui gli opposti s’incontrano. In questo caso gli opposti sono la fede e il dubbio: «Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”»[18]. Mentre Gesù dubita di Dio Padre perché lo abbandona a un tremendo destino, lui stesso continua ad abbandonarsi fiduciosamente. Nel porre attenzione a questa affermazione di Gesù potremmo ipotizzare delle scelte operate nella sua coscienza. Ancora una volta si evince la sua determinazione nello sconfiggere il male con il bene, pertanto una traiettoria va nella direzione che, nonostante ci possa essere qualcosa che attacca tutte le nostre certezze fino a distruggerle si può, forse è giusto, continuare a credere: una sorta di forma fiduciale fondamentale nella vita in ogni situazione che caratterizza anche tanti altri uomini che, nella macrostoria o nelle piccole storie sconosciute, hanno fatto la differenza nelle particolari situazioni. Un’esperienza che potremmo ascrivere all’irrazionale ma non per questo irragionevole.
Certamente queste sono le scelte di Dio, anzi delle interpretazioni, scarne e rudimentali, che gli autori fanno sulle scelte di Dio, ma la fede è proprio questa: andare in cerca di risposte e tali arrivano dai testimoni. È in sostanza un gioco di libertà ove non ci sono evidenze oggettive costringenti che, in qualche modo, obbligano ad aderire. La fede fa della sua povertà la propria preziosità: Dio si presenta all’uomo e la partita rimane sempre aperta.
Per non eludere del tutto la ragione e le facoltà dell’uomo, va almeno ricordato che per la rivelazione l’uomo è immagine e somiglianza di Dio[19], e che Gesù, il figlio di Dio, è anche un uomo: molto banalmente ciò vuol dire che l’uomo ha in sé delle capacità che lo rendono in qualche modo conforme a Dio, di una forma comune a Dio anche se non del tutto identica. Ogni sforzo di bene, della ragione e della scienza, della tecnica e del progresso, va nella direzione differente e non divergente di Dio.
CORINNA DI LELIO, LORENZO VOLTOLIN
[1] Dal latino divĕrsus, volto in altra direzione.
[2] Dal latino diffĕrens – entis, che ha natura o qualità dissimili da quelle di un altro oggetto con cui è confrontato.
[3] Cf. 1Cr 18.
[4] Prima il Regno di Israele, a nord, viene conquistato dall'Assiria nel 722 a.C.; poi il Regno di Giuda, a sud, viene conquistato nel 598 a.C. e sottomesso dall’impero neo babilonese. Nabucodonosor entra in Gerusalemme, distrugge il Tempio e saccheggia il suo tesoro; gli Ebrei sono fatti prigionieri e deportati a Babilonia. Dopo circa settant’anni l’imperatore persiano Ciro, che aveva sconfitto i neo-babilonesi, libera gli Ebrei da Babilonia. Con la sconfitta dei Persiani da parte di Alessandro Magno, ha inizio l’epoca ellenistica. Antioco IV Epifane saccheggia e danneggia il Tempio, impone agli Ebrei di abbandonare la fede in Dio e di sottomettersi agli dèi dell'impero. Nel 63 a. C., la terra del popolo ebraico viene conquistata dalle milizie romane e diventa parte dell’Impero di Roma.
[5] Cf. Mt. 4,35-40.
[6] A solo titolo di esempio: un uomo sordo e muto in Mc 7,31-37; il cieco di Betsaida in Mc 8,22-26.
[7] A solo titolo di esempio: un indemoniato in Mc 1,21-28.
[8] Sul tema si veda: Aa-Vv, Compendio dei miracoli di Gesù, (a cura di R. Zimmermann), Queriniana, Brescia 2018.
[9] Lc 23,35.
[10] «Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù”», Gv 18,36.
[11] «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà», Lc 21,42.
[12] Viene giudicato dal sinedrio, cf. Lc 22,66-71.
[13] Viene giudicato da Pilato e inviato a Erode, cf. Lc 23,1-24.
[14] Viene condannato dalla folla, cf. Lc 23,15-24.
[15] «Per questo io ti dico: “sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. Poi disse a lei: “I tuoi peccati sono perdonati”», Lc 7,47-48.
[16] «Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte», Lc 23,34.
[17] Lc 23,46.
[18] Mt 27,46.
[19] Cf. Gen 1,26.