È la notte di Natale e siamo nella regione intorno a Betlemme, dove oggi sorge la città di Bayt-Sahur, quando un angelo del Signore annuncia ad alcuni pastori che è nato Gesù, un Salvatore, che è Cristo Signore; «e subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”» (Lc 2,13-14). Tutti noi abbiamo in mente la traduzione latina: Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis, tradotta in italiano con «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». La differenza con la nuova traduzione si nota subito: da «uomini di buona volontà» si è passati ad «uomini che egli ama». Su cosa si fonda tale cambiamento?
Il Vangelo secondo Luca usa un’espressione molto densa; alla lettera suona così: «sulla terra pace negli uomini della benevolenza». Ora la parola “benevolenza”, in greco eudokìa, può avere due significati. Il primo è quello che troviamo per esempio in Fil 2,15: «Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti»; qui il greco eudokìa, benevolenza, viene tradotto con “buoni sentimenti” e sta ad indicare le buone intenzioni dei predicatori. La Bibbia latina ha tradotto così anche il Gloria, quando ha reso «gli uomini della benevolenza» con «gli uomini di buona volontà», cioè coloro che hanno sentimenti e volontà in sintonia con i sentimenti e la volontà di Dio.
C’è però un altro significato, che è il più diffuso nel Nuovo Testamento; eudokìa in più di un testo indica non tanto la buona disposizione degli uomini, quanto piuttosto il disegno d’amore di Dio. Leggiamo per esempio nell’inno della lettera agli Efesini: «predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef 1,5). Potremmo leggere anche la riflessione di Fil 2,13: «È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore»; oppure l’esclamazione di Gesù: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). In tutti e tre questi testi, nel greco c’è lo stesso vocabolo, eudokìa.
Come intendere dunque le parole degli angeli? Stanno parlando della pace che regna tra gli uomini che seguono la volontà di Dio, oppure di quella pace che Dio da sempre ha voluto dare loro nel suo disegno d’amore? Questo versetto di Luca è un esempio chiaro di come un buon dizionario di greco spesso non sia sufficiente per capire una parola o una frase; a volte ci sono parole che in greco hanno più di un significato e solo guardando al contesto in cui sono inserite possiamo scegliere.
Torniamo dunque alla notte di Betlemme, agli angeli e ai pastori: tutto parla di Dio che si è ricordato della promessa fatta a Davide; dopo più di cinquecento anni d’attesa, finalmente è nato il Cristo, cioè il Messia. Ma la risposta di Dio alle preghiere del suo popolo va oltre le attese: Gesù è anche il Salvatore e il Signore; è discendente di Adamo, e non solo di Abramo; è la gloria di Israele ma anche la salvezza e la luce per tutti i popoli della terra. Dall’insieme delle parole degli angeli si ha proprio l’impressione, confermata dai primi capitoli del Vangelo, che al centro stia l’azione di Dio; Luca canta la sua benevolenza per l’umanità, il compiersi finalmente del suo disegno d’amore. La nuova traduzione, dunque, rispetta di più il testo greco di Luca; anche se va oltre il latino del messale…
(Testo tratto da Servizio della Parola 521/522)