Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Molti psicologi sostengono che ogni essere umano è segnato da una profonda ferita dovuta all’abbandono del grembo materno, alla scoperta di non essere il centro incondizionato delle attenzioni dei nostri genitori, di non essere speciali. È una ferita che nasce da un distacco con la nostra origine e dalla consapevolezza di non essere onnipotenti. A me ricorda tanto il “peccato originale” che viene descritto nel libro della Genesi. Un peccato, un distacco, una ferita che viene sanato dal battesimo.
Il battesimo è quel passaggio che ci fa recuperare la consapevolezza che la nostra vita è una vita di Dio e nel suo amore. Che nulla di ciò che facciamo, nulla, può scalfire quella radice che ci rende degni di essere amati.
Aiutaci, Signore, a riscoprire il nostro battesimo, a sentirci sempre figli tuoi e fare del nostro meglio per onorare tale condizione.