Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.
Anche noi, soprattutto in gioventù, vorremmo sapere “di chi” siamo, quasi come se appartenere a un gruppo o a un modo di pensare potessero definire in modo indiscutibile “chi” siamo e rispondere a quell’interrogativo che ci portiamo dentro almeno dall’adolescenza.
Ma noi non siamo come la moneta di cui parla Gesù: la nostra identità non è scritta sul nostro volto né sulla nostra schiena, non possiamo leggerla né farcela leggere, possiamo solo costruirla piano piano con le nostre scelte, i nostri tentativi e i nostri cambiamenti, e rivelarla mano a mano sia agli altri che a noi stessi.
Oggi ti ringraziamo, Signore, per ogni passo che muoviamo che ci aiuta a costruirci, a scoprirci e a mostrarci.