Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
La preghiera che proviene da Gesù in persona contiene tanti insegnamenti. Già dalla prima parola, “Padre”, apprendiamo che nel rapportarci con Dio va bandito ogni riferimento a un’entità divina distante da noi, incomprensibile, estranea, in pratica il “dio” di tanti filosofi, di molti teologi e di tanti uomini che con parole “pagane” e concetti difficili da comprendere hanno cercato invano di avvicinare l’uomo a Dio, sforzandosi di spiegare chi e cosa è Dio. Gesù scavalca ogni analisi filosofica e qualsivoglia teologia, e semplicemente invita tutti a rivolgersi ad un padre che è padre ad ogni uomo, quindi padre mio, tuo, nostro. Con questa parola universale, familiare ad ogni uomo, Gesù abolisce ogni forma di razzismo e qualsiasi indirizzo di separazione tra le sue creature che sono obbligate a riconoscersi fratelli in quanto figli di un unico padre.
O Signore, aiutaci a sentirci fratelli di tutte le persone che ci sono vicine e a non dimenticare di essere fratelli anche di coloro che non vediamo e che sappiamo essere nel bisogno e nelle difficoltà.