Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusa-lemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Spesse volte confondiamo la felicità o ci accontentiamo di alcuni suoi surrogati.
Io ero convito, e forse lo eravamo un po’ tutti, che scienza, tecnica e istituzioni potessero in qualche modo preservaci dalla sofferenza e garantirci un’esistenza felice. Certamente il nuovo umanesimo concorre allo sviluppo del bene, ma credo di essermi sbagliato. Così come la spensieratezza che ci regaliamo, seppur buo-na, non colma i vuoti delle nostre vite: semplicemente li tappa.
Nella scrittura si parla di rahamim, amore viscerale.
Una cara amica questa settimana mi ha detto: «Chiediti qual è stata l’ultima volta in cui ti sei sentito felice, quella felicità che ti prende la pancia, le viscere, in profondità, quella che accoglie le tue angosce, quella ti fa sentire la pace». Non ho esitato a rispondere: «L’altra sera, quando ero in profonda preghiera: lì ho sentito tutto ciò». Quel tipo di felicità (che si vive anche ma non solo con Dio) ti salverà, altre cose saranno surrogati.
Gesù parla di una gioia, che probabilmente non fa riferimento a quella che facilmente sperimentiamo, ma a qualcosa di più profondo: rahamim.
Il Vangelo di questa seconda domenica di Avvento ci chiede di “preparare le vie al Signore”, di avere quindi un cuore ben disposto. Non credo sia un impegno morale, cioè fare del bene; non credo neppure sia un elo-gio all’allegrezza e alla spensieratezza. Rimane autentica quella domanda: qual è l’ultima volta in cui ti sei sentito/a felice?