La notte di Natale la sala polivalente è stata completamente trasformata, grazie a tappeti, luci e rigogliose piante, in un accogliente spazio che ci ha permesso di raccoglierci tutto attorno alla mangiatoia appositamente ricreata. Ad introdurci al clima di attesa e di riconoscenza per la scelta del Signore di venire tra noi è stata una suggestiva veglia fatta di immagini, musiche e riflessioni preparate dal nostro gruppo giovani. Ecco uno stralcio dei loro pensieri:
«Albert Einstein ha trovato il modo di rappresentare l’energia con una formula matematica ed in questo modo ha ottenuto un posto nella “Hall of fame”; anche noi, grazie alla nostra energia, aspiriamo a trovare un posto nell’albo d’onore su cui vengono scritti i nomi dei più grandi maestri di vita. Per raggiungere questo scopo abbiamo bisogno della carica che acquisiamo grazie all’amore che ci viene donato. “Per voi non c'è niente che non farei”: questa frase tratta da una canzone molto in voga di recente racchiude in sé il significato dell’energia verso gli altri: il modo miglio-re e più vero di dare la nostra energia è aiutarsi a vicenda.
A Dio basta un po’ d’aria, una brezza, per far volare la nostra anima, per darci l’energia di cui abbiamo bisogno per riempire la nostra vita. È un’energia che si è manifestata al mondo non con la violenza e con la conquista, ma con la nascita di un piccolo bambino in un piccolo paese.
Talvolta sembra che di energia per sognare non ce ne sia più, ma per quanto possibile non smettiamo, non smettiamo mai di sognare, non smettiamo mai di sperare, non smettiamo mai di dare tutto noi stessi…»
I giovani di Voltabrusegana
Come i pastori, lasciamoci, in questa notte, guidare dagli angeli, messaggeri di Dio, lasciamoci portare alla capanna di Gesù.
Una povera casa:
- la paglia, è l’umile dimora sulla quale si poserà il corpo del Signore anche in questa eucaristia;
- non in alto ma sulla terra in basso, appoggiato per terra;
- non tra le sfarzose architetture ma nel creato, tra le piante.
Noi uomini, e tu come noi Gesù, abbiamo bisogno di una casa. La casa è uno dei grandi luoghi simbolici, in essa trovano unità esperienze differenti: casa come spazio dell’intimità eppure aperta agli altri (ti invito nella mia casa), personale e comunitario (io e la famiglia), nella casa si entra e si esce, in essa si vivono gli affetti più caldi e, spesso, anche le tensioni drammatiche.
La prima casa che noi abitiamo è la pancia della mamma. In essa riceviamo affetto e nutrimento, in essa si genera la vita, la mia vita. Tu Signore hai abitato questa esperienza, hai vissuto e benedetto l’essere mamma e figlio. Nelle culture antiche e in moltissime di quelle contemporanee il figlio è benedizione, è vita, è possibilità di novità per di continuare la mia vita di genitore. Gli ebrei parlano di tolledot, di ruota che deve continuare a girare. Gesù bambino, ci riporti al nostro essere figli, all’essere stati generati alla vita, quella vita che non abbiamo scelta ma alla quale siamo così fortemente legati.
La seconda casa che abitiamo è la famiglia. Siamo accolti tra le braccia di mamma e papà, da loro siamo usciti. Con tutte le contraddizioni e complessità che possono segnare questo tipo di relazione, i genitori resteranno sempre le radici, probabilmente anche il fusto, della nostra vita. Gesù hai voluto dei genitori, un papà e una mamma. Questa tua scelta immediatamente porta il ricordo a mio papà e a mia mamma. Possono essere qui in terra, o su nel cielo, eppure sempre vivi in me. Abbiamo ricevuto tanto: affetto, servizio, conoscenze.. con gratitudine guardiamo a loro anche se non sono sempre stati come noi avremmo voluto.
La terza casa che abitiamo è il creato. Esso è vivente ed è stato fatto da Te Signore, siamo in una relazione di fraternità con il mondo e con gli esseri viventi, una fraternità ecologica che c’invita a riconoscerti nelle bellezze e nelle forze di quanto ci circonda: nella delicatezza di un fiore come nella dirompente forza del terremoto. Tu piccolo bambino come noi, ti sei lasciato incantare e impaurire, dall’immensità del creato. Lo sguardo di stupore dei bambini ci sollecita a riscoprire la fraternità con il mondo.
La quarta casa è la polis, la città. Crescendo iniziamo ad entrare nel mondo. Anzitutto nella scuola, nella parrocchia, nelle varie associazioni e che frequentiamo, negli ambienti di lavoro e nella politica. Siamo cristiani anche in mezzo al mondo. Il bambino Gesù attira tutti a sé: i pastori, i re magi, l’ira del re Erode. Anche noi cristiano non dovremmo far restare gli altri indifferenti. Farsi vedere non è in questo caso apparenza, ma è luce che brilla nella stanza. Quella luce che tu, bambino Gesù, porti agli uomini, siamo inviati a farla riflettere per mezzo nostro.
Essere segni di bontà e unità tra noi, di perdono con chi ci è ostile, di lealtà anche quando c’è ingiustizia… tutto ciò rende la casa del mondo più luminosa e adatta alla vita.
Tu bambino qui per terra, vieni nella casa dell’umanità, questo non ci può lasciare indifferenti. La tua casa siamo noi! In nessuna religione conosciuta, Dio entra nel mondo in questo modo, infatti, esso - il mondo -, è considerato così malato da non aver nulla a che fare con Dio: che è altro dal mondo. Tu Gesù bambino, per terra entri nel mondo, ti appoggi con il corpo e diventi presenza, ti fai cibo per noi. Tutti ciò non può lasciarci indifferenti.