Le messe per giovani viste da un giovane
Ore 12.00. Inizia la messa dei giovani. O forse no. Difficile parlare di puntualità oggi in un mondo giovani dove prevalgono la corsa frenetica, la notte piena di vita e il mattino pieno di sonno.
Sembra un mondo vissuto al rovescio. Ma si parte: l’importante è mettersi in gioco in questa esperienza, anche arrivando in ritardo, anche con il cellulare che ogni tanto fa capolino dalle tasche.
La Quaresima è stata un percorso ricco di stazioni, ad ognuna ci siamo fermati ad ascoltare la Parola di Dio.
Dalla Parola siamo passati alla parola, una sola parola tratta dal Vangelo della domenica, che grazie all’aiuto di Fabio abbiamo provato a comprendere meglio.
L’aver preso singole parole da un contesto è stata una scelta che non ha portato a vivere il Vangelo in modo riduttivo, anzi ne ha esaltato i messaggi. Le parole sono finestre che aprono orizzonti.
È stato emozionante vivere i momenti in cui i ragazzi coloravano in silenzio le varie lettere che componevano le parole delle varie domeniche mentre ascoltavano i commenti sulla parola stessa.
La parola è per metà di colui che parla, per metà di colui che l’ascolta. Era interessante cogliere le diverse sfumature di queste parole derivanti solo dalla lingua con cui venivano pronunciate: ebraico o greco.
Le varie parole colorate hanno decorato l’ambone presente in Chiesa passo dopo passo.
Siamo partiti dalla parola ekbàllei, sospinse. Gesù è stato "buttato fuori" nel deserto e con coraggio ha vissuto le tentazioni. Anche noi possiamo scegliere di vivere scappando o con coraggio come fa Gesù, nel secondo caso si vive più liberi.
Abbiamo incontrato la parola metamòrphosis, trasfigurazione. La mia esperienza, l’esperienza di ciascuno di noi ci mostra come ci possano essere sempre cambiamenti continui. Per andare verso il nuovo, spesso dobbiamo lasciare il vecchio, cambiare strada. Sembra negativo tutto questo, ma non significa cancellare il passato, bensì farne esperienza. "Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". La speranza che noi, bruchi, possiamo diventare farfalle, parte da noi, dalla nostra quotidianità, dal nostro costruirci il bozzolo da rompere per spiccare il volo.
I ragazzi hanno toccato con mano sòma, corpo, e bashar, carne. Dalla carne che ci dà una forma e un peso siamo passati al corpo che ci identifica come persone tra le altre con cui ci relazioniamo. È importante il passaggio dall’avere un corpo ad essere un corpo dove si mischiano
l’intelligenza, il cuore e lo spirito.
Nella quarta tappa c’era il serpente: òphin in greco e na-hàsh in ebraico. Il serpente nel mondo è associato a molteplici simboli, sia di male (vedi la storia di Adamo e Eva) sia di bene (vedi il simbolo della medicina). Come il serpente, anche Gesù che muore sulla croce, fa diventare il suo corpo e il suo sangue il siero che salva tutti gli uomini.
Con i ragazzi abbiamo trovato il kòkkos, il chicco che deve rompersi per diventare germoglio e poi piantina che cresce. Dio si è fatto Gesù come noi per vivere in mezzo a noi, ha rinunciato al suo essere divino per farsi uomo. Chi non si chiude in se stesso, si “rompe” e si apre al mondo, per amare gli altri.
La parola comunica il pensiero, il tono, le emozioni. Queste Parole ci hanno emozionato.
Questa esperienza è partita dal mercoledì delle Ceneri, dal coraggio del guerriero e dalla dolcezza del fiore, arrivando sino alla domenica delle Palme, in cui accanto alle Parole di Gesù, ciascun ragazzo ha messo le sue, meditando e scrivendo i suoi pensieri sul Vangelo.
Siamo ora pronti per vivere la Settimana Santa arricchiti e pronti per arrivare alla Pasqua del Signore Risorto con una spinta in più. Il silenzio attorno alla Parola ci ha aiutato a comprendere meglio questa Parola. Una parola appena detta comincia a vivere.
"Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere".
Le parole scritte e colorate ora sono là sull’ambone. Non ci resta che guardarle e farle splendere! Buona Pasqua!
Alessandro