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oripast201819L’anno che abbiamo vissuto ci ha visto coinvolti nel Sinodo dei giovani, nel rinnovo degli Organismi di comunione, nel continuare il cammino dell’Iniziazione cristiana con l’avvio del Tempo della fraternità e in tante altre attività intense nella loro ordinarietà. Ci ha visto coinvolti anche nell’avvio della riflessione sulle nostre parrocchie, a partire dal testo La parrocchia, strumento per la consultazione. Sono stati messi in evidenza e condivisi molti aspetti.

Mi sembra che la strada intrapresa sia quella giusta e desidero che si continui in questo processo, approfondendo, verificando e interpretando tutti gli aspetti che man mano emergono. In questo modo possiamo valorizzare anche chi è un po’ in ritardo nella riflessione, visto che in alcune comunità lo scorso anno non c’è stato tempo sufficiente per un’adeguata condivisione.

Più in profondità, mi rendo conto che è un’occasione per porre attenzione non solo al “nostro fare”, ma soprattutto al “nostro sentire”, alla nostra capacità di “stare e di camminare insieme”, alla possibilità di “condividere obiettivi” per i quali ognuno concorre con la propria diversità e particolarità.

Diversità e particolarità, di tradizioni, di identità, di geografia, sono ricchezze se offerte anche agli altri; sono pericoli se usate solo per esaltare se stessi.

In queste Tracce di cammino vengono ripresi i significativi contributi raccolti lo scorso anno. Li sottopongo ulteriormente alle nostre comunità, insieme con il testo La parrocchia, perché chi ha contribuito possa verificare se abbiamo interpretato bene e chi inizia adesso possa ritrovarsi ed esprimere un parere. Quasi a chiederci: Abbiamo capito bene e raccolto in modo rispettoso le vostre indicazioni? C’è qualche cosa che deve essere precisato ulteriormente o qualche aspetto sostanziale che è sfuggito? Tra le riflessioni che non hanno raggiunto ancora un orientamento chiaro e sicuro ci sono le osservazioni legate soprattutto alla comunità come soggetto che annuncia il Vangelo oggi: la nostra parrocchia sa portare Tracce di cammino tare il Vangelo alle nostre famiglie, ai nostri giovani, alle persone sofferenti?

Sappiamo che l’annuncio del Vangelo richiede la vita: la vita di tutti i giorni diventa il vero contesto dell’annuncio. Forse il rischio di ridurlo ad una dottrina, a conoscenze di tipo dogmatico, a ritualismi o a moralismi… purtroppo, c’è ancora.

La vita di tutti i giorni fatta di relazioni quotidiane con amici, conoscenti, fratelli e sorelle; fatta di valori, scelte, impegni e tempo libero esprime uno stile e un modo di essere. Il nostro annunciare, celebrare, servire si inserisce in questa ordinarietà. La vita quotidiana è molto più complessa e ricca rispetto agli “eventi” ed è quella che dobbiamo valorizzare e sottoporre a verifica.

A partire da tutto questo ci domandiamo allora, alla luce dello Spirito, se e come le nostre comunità oggi annunciano il Vangelo con la loro vita, se e come sanno affascinare e attrarre al Signore Gesù con il loro stile fraterno e disponibile.

Papa Francesco in Evangelii Gaudium dice: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale» (27).

Siamo invitati anche dai nostri giovani a insistere su queste riflessioni.

Nella Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova, testo finale del Sinodo, essi chiedono comunità di adulti credibili, capaci di accoglienza e di accompagnamento nei loro percorsi di vita; comunità disponibili a essere testimoni di un incontro vero con il Signore Gesù e di autentica fraternità cristiana.

I giovani ci ricordano che l’annuncio del Vangelo non riguarda cose nuove da fare ma un modo nuovo di essere comunità.

All’inizio del mandato dei Consigli pastorali (2018-2023) questo invito è proprio opportuno e mi piacerebbe che i primi incontri degli Organismi rinnovati fossero vissuti all’insegna del discernimento comunitario, strada che può aiutare le comunità a interrogare il Signore su quale sia la chiamata per ciascuna di loro.

La lettura di Vi ho detto queste cose perché la vostra gioia sia piena (Gv 15,11). Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova, del testo La parrocchia, strumento per la consultazione, delle Tracce di cammino riportate in questo fascicolo e di Evangelii Gaudium offrirà strumenti perché le iniziali riunioni dei Consigli pastorali non si esauriscano nel decidere programmi e cose da fare, ma si orientino soprattutto a riflettere su quale comunità vogliamo essere.

Ancora più precisamente potremmo soffermarci con fede e speranza, sostenendoci insieme, come piccole comunità locali e come diocesi, per chiederci: “Come il Signore ci sogna?”.

La riflessione compone quindi la nostra capacità di evangelizzare con l’organizzazione e con la vita della nostra comunità. Forse abbiamo ereditato un’immagine di presbitero che riassume e riduce tutte le altre figure e tutti gli altri ministeri, con il rischio che “c’è lui e fa un po’ tutto lui!”. Anche a questo riguardo ci chiediamo: ci ritroviamo nella descrizione del ministero del presbitero contenuta nel testo La parrocchia?

Oggi le nostre comunità non possono esistere se non riscoprono che il battesimo arricchisce tutti i cristiani di carismi per l’utilità comune. Questi carismi ci sono dati dal Signore per la vita delle nostre comunità e per il servizio umile al nostro territorio: carismi e ministeri devono risplendere, “luccicare”, far percepire che la Chiesa è quello che il Signore col suo Spirito, creatore e creativo, riesce a realizzare quando ci lasciamo lavorare con duttilità dalle sue mani.

Continuiamo a riflettere e a confrontarci! 

Da parte mia resterò di guardia, come sentinella, come “episcopus” in attesa di vedere le meraviglie del Signore che fa di tutti noi sparsi “un cuore solo e un’anima sola”, che ci dona “unità e pace secondo la sua volontà”.

Intanto presto, con la mia prima visita pastorale, verrò a trovarvi e parleremo insieme di queste cose.

+ Claudio, vescovo

 

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Don Lorenzo Voltolin
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