Il pellegrinaggio, quel mettersi in cammino per raggiungere luoghi sacri, è simbolo del viaggio che ognuno di noi compie nella vita. Si tratta di un percorso personale fatto di strade buone e tortuose, di vie prese con consapevolezza e talvolta di viaggi sbagliati che richiedono di cambiare rotta. Tutto ciò è la nostra vita.
Sarebbe bello avvertissimo che ogni esperienza, anche i nostri errori, sono occasioni che Dio può prendere per portarci a lui. Per questo motivo si chiama Redentore, perché è capace di raddrizzare le nostre vie tortuose. Il pellegrinaggio è, quindi, un viaggio interiore di ricerca di sé e di Dio, di ascolto della propria esperienza ma anche della voce del Signore che chiama e indica; può essere, talvolta, anche un itinerario di pentimento per le proprie fragilità e di preparazione per rinnovare il cuore.
Oggigiorno il pellegrinaggio chiede non solo di volgersi verso di noi, ma anche di alzare e allagare lo sguardo ai fratelli e alla realtà mondiale. Il mondo ha bisogno di noi cristiani: ha bisogno che sappiamo fare gesti di accoglienza e di perdono, che sappiamo tendere le mani verso le periferie esistenziali, gli ultimi, i poveri e la complessità dei popoli.
La settimana missionaria che ci apprestiamo a vivere è un’occasione per allargare e allungare il nostro viaggio dal “di dentro” verso “il di fuori”. In questa settimana cercheremo di guardare all’attuale realtà complessa e contraddittoria, al conflitto tra le culture e alle violenze che sembrano scaturire dalle religioni, alla forza che queste ultime hanno di costruire il dialogo nel nome di Dio.