Certamente non si sente una voce scendere dal cielo, piuttosto un affetto forte e crescente dal cuore, un sentimento di risposta a qualcosa, Qualcuno, che si è avvertito.
Per anni ho vissuto lontano dalla Chiesa, guardando con sufficienza la vita della mia comunità, quella comunità che mi aveva cresciuto donandomi la fede e facendomi incontrare Dio. Pensavo di essere grande, forse preso da tante distrazioni e dal lavoro, dalla bella vita e dai soldi, dal desiderio di apparire più di quel che ero. Dio non mi interessava e non aveva nulla da dirmi. Certo lo pregavo, ed ero pure rimasto un bravo ragazzo: dedito al lavoro e impegnato, serio e preciso, deciso e ambizioso.
Avvertivo come un sentimento di nostalgia di “cose” belle e perdute, della semplicità e dell’autenticità; non lo capivo, ma mi mancavano la mia parrocchia e quella confidenza con Dio.
Sono così trascorsi tanti anni, forse i più preziosi della giovinezza, e ormai ave-vo preso delle scelte consolidate e definite: un lavoro, degli impegni affettivi, un futuro da progettare. Mancava però qualcosa, mancava l’anima, anche se non ne ero cosciente.
Ho iniziato ad osservare i miei coetanei che erano rimasti all’interno della vita di parrocchia: avevano molto meno di me, molte meno di quelle cose che io consideravo importanti per la vita, eppure sembravano più felici di quanto lo fossi io. Come Mosè che rimane incantato dal roveto che brucia ma non si consuma (cf. Esodo 3), anch’io ho deciso di avvicinarmi per capire.
Non senza fatica e dopo molti ripensamenti, ho dovuto riconoscere che nella mia vita, tutta perfetta, non c’era amore: mi sono accorto di non aver mai fatto nulla per niente, di aver dimenticato la bellezza della gratuità, di essermi scordato che Dio aveva donano la sua vita per me. Ho così iniziato a riscoprire la fede, a pregare veramente, forse per la prima volta, a ritornare indietro nel passato per riprendermi le “cose” belle e autentiche che avevo ricevuto nella mia famiglia, la parrocchia.
Dio ha donato la sua vita per me e come posso io non donarmi, interessarmi solo di me stesso? Ho iniziato a spendermi per gli altri e per la comunità, a sentire la gioia di liberami dal “mio piccolo mondo” per entrare negli spazi infiniti dell’altro. Era bello spendermi gratuitamente.
Non mi bastavano più il tempo libero e il dopo lavoro, le notti e le domeniche, il tempo delle vacanze: non mi bastava più essere volontario del bene. Come fare per rispondere a questo insaziabile desiderio di donarmi?
Diventare sacerdote! Poteva quella essere la strada per spendere tutto me stesso per Dio e per la Chiesa? No, è stata la mia prima risposta: avevo un lavoro avviato, una famiglia che contava sulla mia presenza, degli impegni economici presi. Come avrei potuto destreggiarmi? Non sarebbe stato affatto serio verso chi si fidava di me, mi avrebbero preso per pazzo: lasciare tutte le certezze per cosa? E se fosse stata tutta un’illusione, una suggestione?
Mi sono ricordato di una Parola che l’Angelo disse a Maria: «nulla è impossibile a Dio»; e così è stato.
Don Lorenzo