Una curiosità nella lista dei patroni di Voltabusegana presenti nella pala di Dario Varotari: siamo in mano agli stranieri! La Madonna e il Bambino sono ebrei, Martino è ungherese, Filippo e Giacomo ebrei, Giorgio è turco. Aggiungiamo gli altri santi venerati nelle quattro statue e i due scomparsi, Rocco e Eurosia? Non va meglio! L’unica padovana è la quindicenne Giustina: Rocco è nato in Francia ed Eurosia in Spagna, Prosdocimo è egiziano, Daniele di famiglia ebrea, Antonio portoghese. Eppure Antonio lo qualifichiamo “di Padova”, nonostante i poco più che dodici mesi da lui vissuti nella nostra città e Voltabrusegana è lieta di venerarlo in un bell’altare marmoreo, dotato di statua lignea e nella splendida scultura bonazziana. L’abbiamo adottato e ce lo teniamo caro!
Quando appare la presenza del Taumaturgo a Volta? I dati storici, dalle Visite Pastorali, sono rari, ma possiamo essere certi che almeno dal 3 novembre 1659 esiste nella Parrocchiale una “Compagnia de sovvenire alli agonizanti et suffragar i morti, eretta sotto la protetione del glorioso s. Antonio de Padoa”. Lo certifica don Giovanni Chiericato, collaboratore del vescovo san Gregorio Barbarigo. Il documento: “Chi è eletto nella compagnia a presiedere svolga le sue mansioni per carità, né possi pretender altra mercede che quella che li darà Sua maestà Divina”. Meraviglioso il culto dei Morti guidato da Antonio!
Quando il primo altare a lui dedicato? Nella visita pastorale del 1669 si parla, oltre che del maggiore, di altri tre altari: uno consacrato alla Madonna del Rosario, il secondo a Rocco, il terzo ad Antonio, probabilmente ligneo, posto a fianco di quello mariano. In questo periodo, prepotente irrompe il culto al santo Portoghese a tal punto che, nel 1713, l’altare a Rocco muta titolazione in Antonio e la statua del Francese viene confinata in una nicchia, in fondo a destra della chiesa, forse perché, Patrono della peste, non se ne riconosceva più l’impellente necessità a invocarlo, vista la diminuzione di tale flagello tra le popolazioni.
Il 13 giugno 1813 la Fabbriceria acquista un altare in marmo (quello attuale e splendido) dalla chiesa della Misericordia di Prato della Valle, spendendo lire 483, poi dotandolo di ricca suppellettile sacra.
E la statua che oggi compare? Lignea, della seconda metà del ‘600, a detta di mons. Claudio Bellinati, dev’essere la prima che i fedeli di Voltabrusegana venerarono. Molto bella, artisticamente valida, significativa negli attributi (giglio, Bimbo Gesù, volume dei “Sermones”), è bisognosa di restauro.
Splendido anche il simulacro nella nicchia, a destra, opera ritenuta di scuola del Bonazza, forse di metà ‘700, proveniente, con probabilità dalla chiesa della Misericordia. L’iconografia è unica nel panorama della Diocesi patavina perché scolpisce Antonio, Dottore della Chiesa, giovane ricciuto, con il libro dei “Sermones” nella mano sinistra e nella destra, poggiata al cuore, la penna con cui vergò i suoi scritti. Dovrebbe essere risanata, riportandola alla sua calda cromia originale, credo in pietra dei Berici.
Un particolare significativo: fin dal 1777 compare tra le reliquie conservate nell’altare antoniano, assieme ad altre, anche un pezzettino della pianeta di sant’Antonio. Può essere autentica e preziosa perché rara.
Alfredo Pescante