Anzitutto definiamo cos’è un artefatto, e potremmo esprimerci così: una produzione di qualcosa da parte della specie umana che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non si lasci attribuire a un altro agente produttivo che agisca in natura.
Quindi artefatto è qualcosa di prodotto dall’uomo, l’unica specie, secondo alcuni studiosi (cf. Jacques Monod e Stefan Amsterdamski), che tra tutte è capace di produrre qualcosa.
Artefatto deriva dal latino ar-tem la cui radice ar può assumere anche il significato di «mettere in movimento, muovere verso», e facere «fare, creare» con il senso di qualcosa di creato. Dunque artefatto assume il significato di cosa prodotta che ha subìto un processo di trasformazione. Pertanto il Natale è qualcosa che avrebbe subìto un processo di trasformazione ad opera dell’unica specie capace di produrre, ovvero da parte dell’uomo.
È vero altresì che il senso religioso è una produzione dell’uomo: l’uomo, che continuamente è portato ad andare oltre, a chiedersi il perché delle cose, come ultima istanza si chiede il perché di Dio. Infatti, andando sempre oltre se stesso, ha la capacità di porsi la domanda di che cosa esista prima della sua vita e dopo di essa, pertanto è capace di superare i confini dell’esperienza e dell’esistenza stessa, operazione che non può essere fatta da nessun altro essere vivente. Questa operazione è un artefatto: muoversi oltre il tempo per produrre un senso e una domanda che non si trova nelle cose così come si vedono esternamente. L’amore è un artefatto, come la fedeltà, la lealtà… tutte operazioni umane che permettono di vedere e comprendere la vita oltre la materialità dei fatti.
Il Natale è un’operazione artefatta il cui protagonista è, però, Dio. In effetti a una qualunque nascita (permesso e non concesso che la nascita possa essere definita come qualunque) il Natale attribuisce un significato costruito nuovo: Dio, colui che era oltre il tempo e oltre le contraddizioni della storia, nasce e diviene storia, si fa uomo e diviene contraddizione di amore e di peccato, di verità e di menzogna, di gioia e di sofferenza. Egli stesso diviene un artefatto, un “trasformato” per trasformare e dare un senso nuovo alle cose dell’uomo: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Isaia 9,1).