La Chiesa, che noi viviamo nell’esperienza della comunità cristiana, ovvero dei fratelli e delle sorelle che credendo nello stesso Dio e cercano di vivere imitando Gesù nell’amore reciproco, esiste perché Gesù l’ha voluta. Egli stesso ha scelto di vivere la fede con un gruppo di amici, i discepoli.
Può capitare che, presi dalle faccende, noi famiglia di Dio perdiamo lo slancio degli inizi, vivendo più tiepidamente il nostro battesimo e adeguandoci ai costumi del mondo, facendo quello che tutti fanno, anche con buon senso. Il vangelo però contiene in sé una forza rivoluzionaria capace di convertire il cuore delle persone e di rinnovare la società.
Si tratta di una forza profetica, un’energia che viene dallo Spirito Santo e che permette ai cristiani di vivere come ha vissuto Gesù. La Chiesa è chiamata ad annunciare Gesù, a ripresentarlo nel mondo, a indicarlo agli uomini proprio come faceva Giovanni Battista: «Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”» (Gv 1,29)
Mi chiedo spesso quali forme e quali linguaggi oggi ci aiutino, più di altri, a realizzare questo impegno e a garantire questa presenza anzitutto per noi, anche se non esclusivamente.
Già vi accennavo alle piccole comunità, famiglie che nei quartieri vivono la fede insieme, invitano altri a pregare nella loro casa, ascoltano insieme il vangelo e si incoraggiano nella vita cristiana. Abbiamo tutti bisogno di fratelli e sorelle veri e di presenze concrete.
La cura delle persone povere e ammalate, sole e in difficoltà, è un altro modo per rendere presente Gesù. Egli ha sempre avuto una predilezione per questi amici. Sempre noi cristiani, organizzati in piccoli gruppi, possiamo e dobbiamo farci vicini al prossimo come il buon samaritano.
Nella parrocchia e nel territorio operano tante organizzazioni, ma non possiamo delegare l’amore per il prossimo al volontariato. Si avverte una chiamata dentro noi che chiede sempre la risposta dell’amore. Nelle nostre vite, nei nostri quartieri ci sono persone che hanno bisogno di una parola, di attenzione e di affetto. Facciamoci prossimi, ripresentiamo anche oggi l’amore di Gesù che guarisce e si china sulle ferite dell’umanità. Con gli amici della Caritas insieme ad altri in questo tempo stiamo riflettendo molto e ci stiamo interrogando sulla nostra capacità di incontrare e di andare a cercare chi ha bisogno, soprattutto quelli che, per tanti motivi, tra cui il pudore, non chiedono.
Io avverto che serve una forma di fede più naturale e spontanea vissuta proprio da cristiani che abitando nello steso tettorio si esprimono per quello che sono, rispondendo alla chiamata di amore che Dio ha messo in noi.
Aiutiamoci a costruire queste piccole comunità, questi luoghi di vita cristiana.