Il vangelo (che poi è Gesù in persona) nasce per dare un senso alla vita dell’uomo, un particolare senso: quello di Dio. Similmente anche l’uomo guarda a sé stesso per cercare di “darsi” un senso, non tanto e non solo sul piano tecnico del fare (téchne), ma piuttosto su quello dell’essere: che uomo voglio essere. Quest’esperienza da sempre presente nella storia, in antichità e in parte ancora oggi, era espressa dai miti e dai riti. Tuttavia, con l’avvento del moderno pensiero scientifico, la ricerca del senso dell’uomo non poteva non prendere anche la forma di una disciplina: l’antropologia culturale. Certo stiamo procedendo per sommi capi, un accurato studioso avrebbe giustamente qualcosa da ridire, ma qui siamo in un semplice bollettino parrocchiale e ci accontentiamo di questi timidi, anche se non sciocchi, passi.
Perché questo discorso e queste domande? Nella nostra epoca molte realtà umane si sono sganciate dal chiedersi quale tipo di uomo voglio essere e che modello umano voglio realizzare. Questa è una grande difficoltà perché è un po’ come agire senza porsi le domande fondamentali e chiedersi a chi o a cosa ispirarsi per le scelte. Facciamo un esempio molto banale. Se per il mio modello di uomo tutto si conclude nella vita terrena probabilmente il modo di utilizzare il soldi e il tempo libero sarà di un certo tipo, così come il senso della giustizia e la stessa percezione del tempo e quindi le priorità e le scelte che ne conseguono; se invece il mio modello antropologico include la vita eterna, probabilmente il modo di scegliere come gestire il tempo libero, il denaro ecc..., assume un significato particolare che determina scelte differenti.
L’antropologia produce un’etica: dalla visione dell’uomo che si assume ne consegue un modo di scegliere. Nella nostra epoca la cultura non è più in grado - o ha rinunciato - di produrre una visione dell’uomo condivisa. Il problema è che la questione è così fondamentale che da troppo tempo viene rimandata: mancando tale visione condivisa (ce ne possono essere tante, ma bisognerebbe capire anche quali) mai ci si mette a discutere su quale sia quella più adeguata allo sviluppo del bene dell’umanità e come tra le differenti visioni antropologiche ci possano essere punti comuni. Dalla visione dell’uomo dovrebbero derivare i Diritti umani e, in generale, tutte le Leggi, ma non sempre è così: talvolta perfino il diritto “arriva dopo”, cioè si deve fermare a legiferare su aspetti particolari o su situazioni di emergenza, il che rimane comunque un bene, ma non arriva a lasciarsi ispirare a una visione completa dell’uomo per il semplice fatto che nessuno gliela offre.
Anche la politica, cosciente o no, annaspa perché non trova questo riferimento, infatti di fronte ai temi fondamentali (famiglia, progettualità, vita, ecc…) spesso si deve attestare sul criterio di maggioranza (quello che dice e vota la maggioranza parlamentare o del popolo) utilizzando gli strumenti della democrazia talvolta ideologicamente. Una politica che non trova una precisa visone dell’uomo - ovvero con la mia azione in favore della città e di tutti, voglio realizzare questo modello umano - è una politica che per certi frangenti è costretta ad essere a-morale (fuori della morale, non immorale), cioè non può porsi in modo completo il problema del bene più grande per l’uomo perché non ne ha gli strumenti - o il coraggio per chiedere questi strumenti – e pertanto si attesta su soluzioni tecniche, oppure sui criteri di maggioranza, talvolta anche su uno schema di schieramento ideologico. Questa modalità di fare politica la pone sempre meno sul piano antropologico e sempre di più sul piano tecnico. Se la politica ha questa difficoltà a porsi e a far porre la domanda antropologica, la sua natura diviene sempre più tecnica, il che oggi vuol dire economica e/o sociale. Una politica che riesce sempre meno a cercare il senso dell’uomo e il modello di uomo che si vuole realizzare va, allora, valutata giustamente per le sua capacità tecniche e non per le sue capacità etiche che può applicare solamente (anche se ciò non vuol dire che sia poco) su alcuni livelli (giustizia sociale, legalità, progresso e sviluppo...) tralasciando però la richiesta più profonda: l’ispirazione che viene dal modello di uomo che voglio realizzare.