Gli operai della vigna, tutti, hanno le loro scatole chiuse, sicure: arrivano a un’ora, presto o tardi, e hanno diritto alla loro paga. Essi vedono una parte della realtà: le loro ore di lavoro, tante o poche. Vivere a compartimenti stagni.
Oggi si iniziano molte esperienze e con la facilità con cui si è un’iniziata una cosa anche la si finisce. Si apre una scatola, si guarda dentro, si vive, «è stato bello» e si chiude. Iperstimolati si prende un’altra scatola, non importa se magari meno bella della precedente, si vive, si può pure dire che è stata meno bella, ma non importa: è stata un’esperienza; perché finisce non conta, essa si accumula alle altre, in realtà si accosta alle altre. Si apre e si chiude, senza chiedersi troppi perché: è stato bello, è stato meno bello, è stato bello finché è durato. Una scatola si apre e si chiude. Perché? Non si sa, nessuno se lo chiede? Perché ho scelto di aprire e chiudere questa scatola, oppure perché non ho scelto? Noi però non siamo scatole!
Al padrone della vigna, che chiama tutti gli operai, non importa delle scatole, ovvero delle ore particolari di lavoro di ciascuno: al proprietario non interessa il particolare di una scatola, lui guarda al “tutto” ovvero al senso: vuole che gli uomini vengano a lavorare, e lavorando si sentano bene. Il proprietario cerca il senso.
Il senso è più della somma delle parti, il senso chiama in causa il perché accadono determinate cose nella mia vita, perché apro delle scatole, perché le scatole dovrebbero avere un ordine, perché è meglio aprirne una e lasciarne chiusa un’altra. Il senso si domanda perché mi accadono certe cose nella vita, perché ho aperto certe scatole; che cosa la vita mi sta dicendo, che senso ha essa. Quando mi faccio queste domande, così grandi, è normale avvertire paura e sentirsi smarriti: chi può rispondere con certezze a tali domande? Allora di fronte alle cose grandi, mi viene spontaneo chiedere consiglio a Dio: qual è il senso di ciò che mi sta accadendo? Perché proprio a me? In che ordine stanno le scatole che ho aperto? Le devo tenere tutte aperte per coglierne il senso.
Si tratta di gestire una complessità della vita: sociale e affettiva, relazionale e di fede. Ma solo il senso può aiutarci a cogliere la strada della vita, viceversa, se apro e chiudo le scatole sarà come avere tanti pezzi di un puzzle ma non avere il senso dell’immagine. È difficile incastrare i pezzi, bisogna provare e riprovare riprendendoli in mano più volte; alcuni pezzi sembrano non andare nella vita, altri paiono inutili addirittura dannosi, eppure tutti servono e troveranno un loro posto.
La complessità del senso è difficile da gestire ma è l’unica capace di farci vedere l’intera immagine. Quando non riusciamo in questa impresa chiediamo a Dio: «Signore, perché queste cose accadono a me?».