Il minuto popolo degli Ebrei riceve dal potente Faraone, dopo estenuanti trattative e a seguito degli interventi forti di Dio, il permesso di partire per vivere la propria libertà (cf. Esodo 13, 17). Sembra realizzata la conquista della vita, l’inizio di una dignità, la fine, dopo lungo tempo, del dover essere sottomessi a poteri ingabbianti.
Gli Ebrei sono un popolo povero, fino a ieri erano schiavi, non hanno mezzi, probabilmente sono anche affaticati dalle poche cure che hanno potuto riservare al loro fisico, provati; camminano in modo semplice, sobrio, forse anche lento.
Gli Egiziani sono ancora un popolo potente e forte, attrezzati, hanno un esercito con cavalli e cavalieri, si spostano velocemente; non hanno Dio dalla loro parte.
Il popolo degli Ebrei ha appena iniziato a camminare nella libertà, sta assaporando il gusto di un’esperienza dimenticata da centinaia di anni: come un bambino, il popolo di Dio sta muovendo i primi passi in una condizione esistenziale che aveva totalmente dimenticato: cosa significa essere un popolo libero? Cosa vuol dire avere la possibilità di costruirsi una storia?
Non è ancora avvertita la coscienza di questa dolce nuova condizione che, ecco, da dietro, si avvertono le grida del veloce e armato popolo egiziano (cf. Esodo 14, 5 ss). Il terrore ritorna in un baleno, la paura spazza via quel delizioso nuovo sentimento, appena avvertito e già abortito. Davanti il mare, dietro il nemico: è finita, è stato un guizzo di dolce illusione. La vita è così: dura e provata dalla morte. La nube di Dio che ha accompagnato gli Ebrei è sopra loro (cf. Esodo 17, 21) ma lo sguardo tende a terra; davanti e dietro non ci si accorge della presenza di Dio, ma del nemico armato e pieno di vendetta, e del mare.
Il mare, nella Bibbia simboleggia l’instabilità, opposto alla terra ferma, esperienza di stabilità e di fiducia: camminare e poter poggiare il piede, essere sostenuti da qualcosa e da a qualcuno. Nel mare, al contrario, tutto ciò viene a mancare.
Il mare è lo spazio dell’ambiguità dove le cose possono essere mescolate e cambiate perciò non può esserci chiarezza. L’ambiguità è il tipico carattere di chi dice e non dice, compare e non compare, si nasconde ma c’è, spesso giocando sulle parole e sui doppi sensi, sul fatto interpretato, muovendosi sul margine fluido dell’acqua che ora è qui e tra un secondo è già altrove. Gioco fluido.
Il popolo degli Ebrei ha questi due destini, uno avanti a sé e uno dietro.
Mosè stende la mano sul mare e iniziano ad aprirsi le acque (cf. Esodo 14, 21), ma non si è ancora fuori!