E’ un libro dalla lettura veloce che parla del rapporto tra un padre che si sente poco padre, almeno nella concezione tradizionale del termine, e un figlio ventenne non molto diverso da tanti altri.
Pagina dopo pagina mi sono reso conto che la situazione, magari meno estremizzata, è quella che forse molte famiglie vivono con i ragazzi, con la difficoltà di raccordare il loro mondo con il nostro. Negli ultimi 10, forse anche 15 anni, l’evoluzione tecnologica ha di fatto cambiato i punti di riferimento: mentre per la nostra generazione i genitori o comunque le persone adulte erano dei riferimenti anche culturali da cui attingere conoscenza oltre che saggezza, ora per qualsiasi cosa basta un clic, un movimento di dito, una strisciata. Non occorre più parlare, chiedere, sprecare parole con chi è più esperto di te, con un genitore. L’ adulto, in primis il genitore, rischia quindi di diventare quello che continua all’infinito a ripetere sempre le stesse cose. Paranoico!
Ecco che allora il mio neurone, perché uno ne ho, è andato a recuperare le parole pronunciate dal Papa nei primi giorni dell’anno a cui inizialmente non avevo prestato attenzione. Più o meno diceva che il Vangelo deve essere annunciato non con il bastone, ma con amore, cercando di risvegliare le emozioni.
Non credo il problema stia sul bastone quanto sul sistema che si usa tradizionalmente per diffondere il Vangelo, pensando che i ragazzi cerchino lì la pietra su cui costruire il proprio io. Noi ne siamo convinti proprio perché un tempo le cose si facevano perché si usa e nessuno diceva niente, ma già la nostra generazione aveva iniziato a non accettare più questo paradigma. Oggi quindi, dove predomina nelle nuove generazioni la necessità di cambiare, di provare il nuovo, l’indebolimento della tradizione ci fa dire che dobbiamo puntare direttamente al cuore, per scoprire, come Michele Serra, che possiamo invecchiare in pace e che i nostri giovani sono diversi da noi, non sbagliati e non peggiori. Ne consiglio la lettura ai ragazzi e ai genitori.