Il primo giorno di febbraio è iniziato l’evento sportivo che più di ogni altro riesce a tenermi ancorato alla TV: il torneo Sei Nazioni di rugby. Ma come? Niente calcio o calcio o calcio?
Quella per il rugby è una passione che mi porto dietro fin da piccolo, prima in maniera irrazionale, poi scoprendo un po’ alla volta, crescendo, che questo sport può rappresentare, sia nelle regole di gioco che in ciò che si svolge fuori del campo, una metafora della vita e di quelli che dovrebbero essere degli obiettivi della comune convivenza. Tanto per cominciare non esistono dei limiti di natura fisica, visto che in campo ci sono “bestie” di giocatori da 2 metri per 120 chili e personcine molto più normali che hanno il mio fisico o poco più; nessuna discriminazione quindi, tutti sono importanti nel gioco della squadra, ognuno con le sue qualità.
Lo scopo del gioco è raggiungere la meta e per giunta passando la palla all’indietro; questo vuol dire che tutti i giocatori devono essere costantemente dietro al giocatore che a turno porta la palla e fornirgli un adeguato sostegno, anche perché l’avversario che hai di fronte non lascia sicuramente spazio ed è così che lo scontro fisico diventa durissimo, ma sempre secondo delle regole di estrema lealtà che tutti i giocatori devono rispettare, pena delle sanzioni (come l’espulsione per dieci minuti) che possono mettere in seria difficoltà la squadra. Squadra in cui anche i più dotati o i più anziani non sono mai delle stelle, ma sono sempre a disposizione dei più giovani, di coloro che saranno destinati a prendere il loro posto.
Anche il rapporto con la squadra avversaria diventa particolare nel rugby (basti pensare per esempio alla rivalità che esiste tra la squadra del Petrarca e quella del Rovigo, per le quali ogni partita è una battaglia), ma dopo la fine della disputa sul campo, dopo scontri, magari nasi rotti o punti di sutura applicati, gli avversari si ritrovano in trattoria o al pub a mangiare e a bere, lasciando la tenzone sul campo e celebrando tutti insieme la conclusione di una giornata di festa.
Il clima di festa non riguarda solo i giocatori, ma tutto il pubblico dello stadio: avete mai sentito di zuffe o incidenti tra tifosi durante partite di rugby? Eppure scorre birra a fiumi, specialmente quando a confrontarsi sono squadre anglosassoni, ma quel sano modo di divertirsi che mantiene al centro di tutto il rispetto per chi hai di fronte resiste, anche se sai che è l’ avversario di turno.
E’ necessario fare un commento? Non credo, chi ha orecchie per intendere, intenda.
E intanto, per le prossime partite, tutti insieme: FORZA AZZURRI!
Nicola