In queste ultime settimane molti fratelli e sorelle sono partiti per il loro viaggio verso Dio, e tante famiglie sono state toccate dalla morte, esperienza che, per quanto cerchiamo di allontanare, in particolari momenti ci è estremamente vicina.
La morte accomuna tutti, non solo tra gli uomini, e tocca indistintamente tutte le nostre famiglie; essa appartiene appieno alla vita eppure, soprattutto quando lambisce gli affetti più cari, non riesce mai ad apparirci come qualcosa di naturale.
La perdita di una persona cara è come se fermasse il tempo e bloccasse la vita anche di tutte le altre persone che le stavano accanto; ciò accade perché la morte contraddice tutti i sensi della vita, per primo quello delle relazioni che da essa sembrano venire interrotte.
Se dovessimo descrivere la morte con un’immagine, sarebbe un buco nero che ingoia la vita e tutto quello che le gira attorno; il non senso. Nessuna risposta ragionevole è capace di sostenere la morte, poiché essa è irragionevole e contraria a tutto.
Capita che tutti noi facciamo tanti discorsi di fronte alla perdita di un fratello: era anziano, stava male, piuttosto che soffrire ancora…; certo cose sensate, eppure mentre portiamo tali affermazioni ne avvertiamo anche la limitatezza perché, in realtà, noi siamo fatti per vivere.
Per questo motivo, perché la morte è sciocca va contro ogni ragione, qualcuno di noi se la prende anche con Dio, si arrabbia con lui e si allontana: lui che è il Signore della vita, perché non ha fatto qualcosa?
Oltre la morte fisica ci sono anche altre sue “alleate”, ovvero altre esperienze mortifere: il peccato, che uccide dentro, il male e le invidie, la superbia e l’egoismo… Anche queste sono realtà che viviamo, che non hanno senso e ci uccidono dentro: pur rimanendo in vita il corpo, noi stiamo male e ci sentiamo come morire.
Nel popolo di Dio, quindi anche nella nostra comunità, in tante circostanze si mostra un altro volto: la morte non ha l’ultima parola. Molte persone colpite dal lutto e dal male trovano la forza di custodire la fede e l’amore che impediscono alla morte di portarci via coloro che amiamo. Il freddo della perdita viene affrontato con il calore dell’amore, il buio della scomparsa viene illuminato con la luce della fede.
Nella fede possiamo consolarci a vicenda sapendo che Dio ha vinto la morte: i nostri cari non sono scomparsi nel nulla, ma brilla per loro la luce della speranza che viene dalla risurrezione di Gesù. Tante volte ho visto che la fiducia data dalla fede aiuta sostenere i legami, addirittura a rinsaldarli tra i vivi e i loro defunti: il dolore si tramuta in solidarietà.
Non dobbiamo negarci il pianto e il dolore che la morte provoca, neppure Gesù li ha scavalcati nella tragedia del Calvario: quel che siamo invitati a fare è attraversare questi momenti con la luce della fede e il calore dell’amore. Dio è più forte della morte, ce lo ha mostrato tramite Gesù, e noi cerchiamo di farci solidali e complici di quell’amore così forte che attraversa le più grandi tempeste: tanti nostri cari ce l’hanno testimoniato, passandolo a noi forse senza tante parole ma con molti piccoli gesti; raccogliamo queste silenziose testimonianze e coltiviamo anche in noi questi sentimenti buoni.