Dal desiderio all’azione: è proprio qui che proprio noi cristiani rimaniamo incagliati, possiamo dire “fregati”. «Io lo farei, se potessi»: qui si blocca il passaggio dal desiderio all’azione, da ciò che “sento nel cuore” come buono e autentico a ciò che agisco. Non è un discorso di ordine morale, anche se può far male, ma è un discorso esistenziale, cioè pertinente alla vita. È come aver studiato fino alla quinta superiore e poi non dare gli esami di maturità.
Nella vita è normale incontrare degli ostacoli — ostacoli al cambiamento, al costruire qualcosa di buono, alla realizzazione di un progetto — e tutti noi ne affrontiamo quotidianamente; il modo per chiudere gli occhi e non iniziare nemmeno a prenderli in considerazione è condensato in quell’espressione: «Se potessi, lo farei». Anche alcuni colori della saggezza popolare in passato tornavano su questi tasti: «L’inferno è lastricato di buone intenzioni». Accantonata la loro lapidarietà, tali vetuste espressioni dovrebbero aiutare a riflettere. Anche Gesù ritorna su questo tema: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli » (Mt 7,21).
San Martino, con il suo modo di essere, adotta un altro stile: «Posso farlo io». «Posso farlo io» mette nell’ottica di prendere in considerazione il fatto e di “prendermi dentro i fatti” non solo idealmente e con il cuore, ma con le braccia e le mani (se dovessimo utilizzare un’immagine comunque parziale). Se così non fosse stato, Martino non avrebbe agito e noi non lo ricorderemmo.
Accettiamo la provocazione, noi che siamo cristiani: andiamo al di là delle affermazioni di principio, o meglio mettiamo a verifica le nostre affermazioni di principio, seppur pur buone e valide (necessarie ma non sufficienti), con la forza delle nostre azioni. Da qui possono nascere due sentimenti buoni: forza di conversione e forza per l’azione, oltre che una visione realistica del nostro modo di essere e d’interpretare la vita.