I vescovi italiani si sono riuniti a Firenze per riflettere su quale sia il modo migliore per “dire” e per “vivere” l’uomo e Dio nel nostro tempo e nella nostra Italia. Le parole, i gesti e le scelte di Papa Francesco segnano tratti precisi, già presenti nella storia della Chiesa, e aiutano tutti noi cristiani a trovare la via migliore oggi per far sì che l’uomo possa incontrare Dio.
Il centro è sempre Gesù, modello di umanità piena, con la sua bellezza e le sue virtù che troviamo ben descritte nelle beatitudini (Mt 5,1-12). Dall’altra parte c’è l’uomo, l’umanità intera, che se da un lato, essendo immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), ha una sua legittimità ed è portatrice di verità e di senso, dall’altro è segnata anche dalla fragilità e dal limite del male e del peccato e, pertanto, tende a migliorarsi e a guardare a Gesù come esempio e modello. In questo viaggio tra l’uomo e Dio, in questo dialogo del Creatore con la sua creatura, si gioca la nostra storia. La domanda, se si vuole, è sempre quella: quali strade e quali scelte intraprendere perché Dio e l’uomo continuino a incontrarsi?
Questa tensione chiede a noi d’interrogarci sul modello di uomo che si vuole formare e su chi sia l’esempio a cui ci riferirsi.
Oggi viviamo in un contesto nel quale vengono presentati molti modelli di umanità e tra questi c’è anche la proposta di Gesù. In Cristo, tra tutte, emerge una caratteristica: la misericordia. «Io non sono venuto a cercare i sani ma i malati perché si convertano e vivano» (cf. Lc 5, 32). Malati e bisognosi delle cure di Dio lo siamo un po’ tutti, forse qualcuno di più e qualcun’altro di meno, ma siamo fratelli anche in questo. La comunità cristiana, il volto di Dio sulla terra, è il tramite che Gesù ha scelto per continuare la sua opera affidandole le sue stesse espressioni e funzioni:
- la carità verso i poveri, attenzione concreta (non quella delle riunioni o dei nostri incontri) fatta di veri gesti di vicinanza e di servizio: oggi questi aspetti sono diventati parole chiare nella Chiesa nonché decisive per il nostro essere cristiani;
- la fede, ovvero il nostro rapporto con Gesù: non solo una relazione intimistica e chiusa nella sfera personale ma un incontro che apre all’altro, al fratello. Non c’è fede matura senza una comunità e senza dei fratelli.
Tutto ciò chiede che ciascuno metta in campo una dose di altruismo e la virtù della pazienza dell’incontro. Il “banco di prova” della nostra fede sta proprio nella capacità di stare nella comunità, nella parrocchia: come la vivo? Come un’agenzia di servizi? Quanto sono disposto a mettermi in gioco per servirla? Quanto sono capace di accogliere chi è diverso da me e i cambiamenti che inevitabilmente avvengono?
Rimane un altro aspetto importante che possiamo definire con la parola “uscire”: uscire dal mio gruppo, uscire per aprirsi alle comunità vicine, ad altre religioni, ad altri mondi. Si chiama spazio di evangelizzazione o di pre-evangelizzazione, e riguarda molte attività. Nella nostra comunità non ci sono momenti di annuncio esplicito e di estroversione, esistono però delle opportunità più semplici e tradizionali come la scuola dell’infanzia e il patronato. Su quest’ultimo vorrei fermarmi.
Il patronato è un luogo di accoglienza: non è come la chiesa, dove chi entra deve aver fatto qualche passo nella fede, e neppure come un incontro strutturato di catechesi o di formazione. Il patronato è il “luogo liminale” dove tutti possono entrare e sentirsi a proprio agio. In esso non è necessario pregare, studiare o fare catechesi; esso si configura come luogo di ritrovo informale adatto a far sì che tutti possano sentirsi a casa, anche il non credente, anche chi non è presente attivamente e sempre nella vita della comunità. Anche per questo motivo abbiamo scelto di impegnarci nella riorganizzazione della vita del patronato.
Sulla scia del Convegno Ecclesiale di Firenze e sui passi che sta muovendo timidamente la Chiesa vogliamo che il nostro patronato sia una casa per tutti, un luogo dove stare bene, nel quale bambini, famiglie e ragazzi possono ritrovarsi in modo sano, trovare spazi e incontrarsi con amici, scambiare parole ed esperienze nella serenità. “Far sì che le persone stiano bene”: potrebbe essere questa la formula, leggera eppure profonda, che ne orienta la rinascita.
Ringraziamo le persone che sono al lavoro nelle varie commissioni per la riorganizzazione della vita del patronato: ho avvertito un grande fermento e un acceso desiderio, tant’è che alcune proposte sono già state programmate. A chi volesse unirsi al gruppo: sei il benvenuto! Abbiamo bisogno di idee, di volontari, di mani, di turnisti.