Desiderare è il motore dell’amore. Chi desidera è già nel futuro pur rimanendo nel presente, perché è tutto proiettato in avanti, verso la meta da raggiungere. Chi desidera, infatti, è nell’oggi, nel “qui” ed “ora”, eppure l’energia di attrazione verso la cosa desiderata lo spinge oltre e fuori di sé: si può dire che egli sia attratto al punto da essere più nella cosa desiderata che in se stesso.
Al contrario chi non desidera è come se fosse fermo, certo presente a sé, ma quasi inerte e senza tensione alcuna: egli è vivo ma è come se si sentisse morto, come se non avvertisse nulla perché niente lo spinge più in là di dov’è.
Si esperisce poi il fatto di essere desiderati o all’esatto contrario di non essere desiderati: in questi casi siamo (o non siamo) noi, l’oggetto del desiderio, ovvero la causa di quella forza che potrebbe far smuovere gli altri.
L’Avvento è tutto ciò. Anzitutto è Dio che avverte una forza di attrazione che lo spingerà, nel Natale, ad uscire da sé per venire incontro a noi. Avvento dovrebbe però essere anche il moto uguale e contrario, cioè un forte desiderio di Dio da parte dell’uomo, un desiderio di uscire dai suoi schemi per desiderare Dio.
Ciascuno potrà verificare con sincerità al termine di questo Avvento se si è mosso: se Dio è stato così affascinante da spostarci almeno un po’.