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giubile2015ologoLa cosa incredibile è che non è un’idea nostra e neppure di Papa Francesco. L’Anno della misericordia è un’idea di Dio. L’ha inventata lui e l’ha voluta condividere con gli uomini fin da subito (cf. Levitico, 25). Il Papa ha scelto questo Giubileo straordinario per ricordarci che Gesù è il nostro Samaritano che si mette pazientemente per strada, si prende cura di noi e fascia le nostre ferite: ci ama. Se ci lasciamo raggiungere dall’amore di Dio, saremo pronti per un’altra storia.

Come si vive il Giubileo? Anzitutto esso non è solamente varcare una porta o fare un pellegrinaggio, questi sono segni esteriori necessari che devono, però, incidere nelle scelte. L’atteggiamento corretto è duplice: sentire il bisogno di cambiare qualcosa perché questo è il momento favorevole, e chiedere l’aiuto e la misericordia di Dio. In parole semplici, ci sono aspetti della nostra vita che facciamo davvero fatica a cambiare perché sono radicati nel carattere; chiamiamoli, se vogliamo, peccati, oppure in qualsiasi altro modo, ma rimangono aspetti che non ci piacciono. Abbiamo tentato tante volte, investendo tante risorse, a modificare questi tratti caratteriali (con esisti positivi o meno), ma continuano ad essere causa di tensioni interiori, delle vere spine nel fianco. In quest’anno Dio ci ama in modo particolare nelle nostre ferite. Una cosa che blocca l’amore di Dio è l’atteggiamento che tende a giustificare il male: da questo sì dobbiamo guardaci bene. Dio non è fermato dal male, anzi è venuto per liberarci da esso, ma la scelta libera di acconsentire o meno e di giustificare o meno il male può aprire le porte a Dio oppure chiuderle. Ecco quali sono le vere porte da aprire. Certo si apriranno quelle delle basiliche: per questo Giubileo non sarà obbligatorio recarsi a Roma, ma potrà essere vissuto in ogni diocesi.

Il giubileo per i cattolici è, quindi, un tempo straordinario di Grazia, nel quale concedersi a Dio, ovvero riconoscere i propri peccati e affidarsi alla sua misericordia, e durante il quale chiedere grazie particolari. In quest’anno Dio si mette proprio a disposizione, chiediamogli cose grandi: la capacità di amare e di donare la vita, la forza di fare scelte coraggiose e le motivazioni per aiutare i poveri e quanti si trovano in difficoltà, il coraggio di cambiare il nostro cuore e la pace, l’unità tra noi cristiani e la coerenza della testimonianza; chiediamogli di vivere il vangelo senza ambiguità. In questo tempo possiamo davvero mettere in sesto le nostre vite anche se dovessero essere sbandate. Una cosa è pericolosa: l’atteggiamento dei farisei, ovvero quello di sentirsi a posto: «Sono gli altri a dover cambiare, io non ho bisogno del Giubileo».

L’indulgenza cos’è? Una cosa antiquata? Assolutamente no, se prendiamo sul serio le parole di papa Francesco: «Desidero che l’indulgenza giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza di misericordia di Dio, la quale a tutti va incontro con il volto del Padre che accoglie e perdona, dimenticando completamente il peccato» (Lettera del Santo Padre Francesco, 1 settembre 2015). In alcune occasioni, come il Giubileo, l’indulgenza è plenaria perché è una grazia straordinaria. Si ottiene con il rifiuto del male, confessandosi e ricevendo l’Eucaristia, pregando secondo le intenzioni del Papa e recandosi in pellegrinaggio in una delle chiese giubilari.

Ma cos’è questa indulgenza e cosa la distingue dalla remissione dei peccati che si ottiene con la confessione? In effetti, con la riconciliazione sacramentale si ottiene il perdono dei peccati ma rimane la colpa, ovvero siamo nella grazia di Dio perché perdonati, ma il male che abbiamo fatto rimane presente nel mondo. Ad esempio: se io do un pugno a un mio amico ed egli mi perdona, tra noi non resta rancore in virtù del perdono stesso; tuttavia il male-danno che gli ho arrecato rimane: il mio amico continua a sentire il dolore della ferita fisica e morale. Commettendo il peccato nel mondo io immetto delle energie negative che hanno effetti sul piano sociale e psicologico, comunitario e relazionale; quest’ultima situazione di svantaggio si chiama colpa. La colpa, ovvero l’effetto negativo delle mie azioni non buone, si può e si deve riequilibrare, si dice riparare – proprio come se fosse un danno, e così è, in effetti - immettendo del bene nel mondo; ad esempio il papa riprende un’antica dottrina del catechismo: le opere di misericordia corporale e spirituale (di cui tratteremo la prossima settimana). Con l’indulgenza plenaria, in forza della grazia di Cristo e della vita della Chiesa, il giubileo ristabilisce l’ordine  l’equilibrio rotti dalla colpa.

Papa Francesco, la guida del nostro popolo, c’invita a questo cammino. Lui lo avverte nel cuore come una sua esigenza e propone a tutti noi di viverlo insieme a lui. Si tratta di un’occasione per affrontare la fede e ritrovare il vero volto di Dio.

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