La prima porta che tutti attraversiamo è quella che dal grembo di nostra madre “fa entrare nel mondo”. Il gemito del bambino attesta che questo passaggio, seppur vitale (il grembo della madre che ha generato vita sarebbe motivo di morte se il bambino vi rimanesse oltre tempo) è anche doloroso e traumatico. Chiede un cambiamento che è il passare da un ambiente che fino ad allora aveva offerto un equilibrio a una nuova condizione di vita in un ambiente diverso: il mondo.
Altre porte che incontriamo coincidono con i passaggi che riguardano avanzamenti nella vita, ad esempio il passaggio da un livello scolastico a uno ulteriore. In queste circostanze si avverte che il tempo è maturo per “andare oltre” eppure spesso si vive anche la fatica del distacco da un’esperienza che ci ha formati. Altri passaggi possono essere quelli delle scelte universitarie o professionali che segnano l’entrata nel mondo degli adulti, cioè l’assunzione di ruoli sociali di responsabilità dei quali la persona in questione risponde direttamente, mentre prima altri rispondevano per essa.
Altra porta, non scontata, è quella della scelta di lasciare la casa natale per costruirsi una propria casa, una famiglia o uno status, quella che in termini cristiani si segnala anche come vocazione, ovvero come una scelta stabile di vita. Anche questa porta descrive il passaggio da una condizione a un’altra e attraversandola la persona diviene altra rispetto a prima. La scelta di una vocazione esprime il significato di prendersi un impegno davanti a Dio e di fronte al mondo, assumere cioè una posizione pubblica, sia essa quella di una famiglia oppure quella di una particolare consacrazione.
La porta santa e il passaggio che di essa si fa, che significato hanno? Certamente non si tratta di passare una porta che cambia la vita, così come non è “mangiare delle particole” che mette in comune con Dio. Questi però sono segni sacramentali, gesti che realizzano realmente la comunione e/o la conversione se nella persona vi sono un corrispondente desiderio e la volontà di fare ciò che i segni mostrano. In altre parole, il nostro cuore riceve la grazia di Dio se è in dialogo, cioè in ascolto e sensibile a quello che Dio sta dicendo e operando nella vita della persona che compie il passaggio. La fede, infatti, è una relazione, e come tutte le relazioni anche il rapporto con Dio, pur essendo sua l’iniziativa, chiede la risposta dell’uomo, cioè la sua accoglienza.
La porta rimanda al passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia, guardando a Cristo che di sé dice: «Io sono la porta». Le porte delle cattedrali saranno porte della misericordia poiché a chi le oltrepasserà sarà dato di sperimentare l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza.