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calcio2016Sabato sera i nostri genitori ci comunicarono che l’indomani avremmo avuto come ospite a casa un ragazzo di colore di nome Momadì.

All’inizio non ero molto favorevole a quest’idea, un po’ per timidezza e, a dire la verità, un po’ per pregiudizio.

Terminata la partita tornai a casa e mi trovai davanti alla porta questa figura a me sconosciuta, all’apparenza molto giovane e simpatica. Dopo aver scaricato la roba sporca e averla messa nella lavatrice, mi trovai un’altra volta davanti questo ragazzo che mi invitava a sedere sul divano per parlare un po’; rimasi esterrefatto per il semplice motivo che una persona mai stata dentro casa mia mi invitasse a sedere sul mio divano.

Dopo esserci salutati e presentati decisi di farmi raccontare tutta la sua storia e iniziai subito facendogli diverse domande. Mi disse di avere vent’anni, di provenire dal Mali e che in quella regione si parlano il francese, l’inglese e il loro dialetto a seconda della posizione in cui si stava.

Senza perdere un secondo gli chiesi della sua famiglia e della guerra che si sta svolgendo attualmente in qui paesi: mi spiegò che la sua famiglia abita nel nord del Mali e che la guerra, fortunatamente, si stava svolgendo a sud. Mi disse inoltre che la sua famiglia era composta da mamma, papà e due fratelli: uno di sedici e l’altro di quattordici anni.

Così gli chiesi da quanto tempo abita qui e se in questo periodo li avesse mai sentiti. Dispiaciuto mosse la testa a destra e a sinistra ripetutamente e dopo un lungo sospiro mi disse che vive qua in Italia da un anno e otto mesi e che in questo lungo periodo non ha mai sentito i suoi familiari: loro non sanno delle sue condizioni e viceversa. Rimasi colpito da questa sua affermazione e senza parole.

 

Intanto mia mamma continuava a chiamarmi per aiutarla con il pranzo, ma io non riuscivo a distrarmi da quella storia. Mi spiegò che l’ultima cosa che gli dissero i suoi genitori fu: «Mi raccomando, Moma, fa’ attenzione e cerca di andare a scuola, è la cosa più importante!». Mi disse che tre volte a settimana da Bosco di Rubano prende la bici e pedala fino all’Arcella, e con un largo sorriso aggiunse che ci mette circa tre ore.

Queste persone devono essere di esempio per tutti noi adolescenti; noi che ci facciamo accompagnare in macchina la mattina da casa fino alla fermata dell’autobus a neanche un chilometro da dove abitiamo; noi che siamo capaci di non andare a scuola per saltare l’interrogazione o la verifica pensando di raggirare la professoressa quando in realtà imbrogliamo noi stessi; noi che vogliamo il motorino o la macchina mentre per loro una bicicletta può significare avere un aeroplano. Dopo pranzo mia mamma andò per un momento in garage e tornò dopo pochi secondi con una borsa piena di scarpe che me e ai miei fratelli stavano piccole. Subito intuii che il suo intento era quello di regalarle a “Moma”, come ormai lo chiamavamo. Incredibile: tutte e sei le paia di scarpe gli andavano bene, comprese quelle da calcio, sport che a lui piace molto e che pratica con i suoi amici.

Dopo esserci nuovamente salutati e ringraziati decisi di accompagnare Moma fino a Rubano assieme a mio papà e ad un “navigatore” speciale: Omar, un altro ragazzo che era andato a pranzare assieme ad un'altra famiglia.

Arrivati alla loro abitazione rimasi stupito dalle condizioni ottime della casa, con campi dietro e due grandi pietre che facevano da porta per giocare a calcio. Mi stupì il modo in cui si salutarono loro, come se fossero fratelli; mi stupì il modo in cui Momadì, appena sceso dall’auto, veniva rincorso dai suoi amici per vedere cosa c’era all’interno della borsa, ma soprattutto mi colpì il modo in cui ci salutammo: un abbraccio disse tutto.

Vorrei concludere dicendo che noi pensavamo di regalargli qualcosa, abbellirgli una giornata, ospitarlo, dargli da mangiare, invece fu l’esatto contrario: lui ci lasciò un regalo enorme, cioè l’importanza di superare i pregiudizi e di cercare di aprire la mente e soprattutto il cuore ad un mondo senza disuguaglianze.

Grazie Moma, grazie ai miei genitori e grazie a don Lorenzo che ci ha dato questa bellissima opportunità.

Alessio

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