Pensare alla Trinità, a un Dio che è Uno ma è relazione di tre, obbliga a fare un’esperienza di Dio particolare. Esperienza, appunto, perché pensare una cosa vuol dire astrarla dalla realtà e portarla su un piano concettuale, sperimentarla, invece, significa “entrarvi dentro” con il pensiero ma anche con il sentimento e con il corpo, con la volontà e con il desiderio di progettare il futuro alla luce di questa esperienza. Dio Trinità è cioè un avvenimento, un fatto, un linguaggio complesso per sentire Dio.
Questo modo di essere di Dio invita la Chiesa ad assumere uno stile che ci fa percepire che qualcosa sta cambiando: lo vediamo nel modo di fare di papa Francesco, ma prima ancora di tanti sacerdoti e vescovi che vivono con la gente. Attenzione: qualcuno confonde le cose e si aspetta che subito cambi “la dottrina”, ma questa sarebbe un’illusione, perché ancora una volta si cadrebbe sul piano astratto: non esiste infatti una dottrina - neppure una più buona di altre - che non sia vissuta dalla gente e non possiamo pensare di cambiarla per forza: se essa cambierà sarà conseguenza di un precedente e più importante cambiamento.
Per questo è interessante riflettere sul linguaggio familiare con cui il Papa dà forma ai suo discorsi, in particolare all’ultima Esortazione Amoris Laetitia. Per parlare della famiglia e alle famiglie, il problema non è quello di cambiare la dottrina, ma di trasmettere i princìpi generali. Il linguaggio della concretezza quotidiana incarna la verità nella vita di ogni persona e di ogni famiglia. L’obiettività della verità non viene minacciata dal fatto che essa si incarni nella vita di una persona o di una famiglia particolare e concreta; al contrario, lasciando il regno dell’astratto, la verità si fa carne e cammina con noi, dando vita alle persone e alle famiglie reali.