Alcuni metalli più sono messi alla prova, più si rafforzano. Questo fenomeno chimico si chiama resilienza. Essa è divenuta il simbolo di come le crisi possono diventare strade nuove, sfide, e trasformarsi in occasioni di maturazione. In un tempo di cambiamenti nel quale abitiamo poche certezze, penso che questo sia un saggio metodo per affrontare la vita; inoltre credo che l’esperienza della resilienza sia anche il linguaggio che Dio sceglie per parlare ai giovani di oggi, per parlare di sé e di loro, di quello che lui sogna per ciascuno.
Per chi crede nella risurrezione non dovrebbero esserci dubbi: è certo che Dio farà sperimentare la strada della resilienza. Se viviamo davvero protesi verso un compimento futuro del bene, gli ostacoli che incontriamo nella salita possono diventare punti di appoggio per arrampicarsi meglio. La paura e lo smarrimento danno l’impressione superficiale di essere travolti come da uno tsunami; una lettura più attenta della vita come l’ha vissuta Gesù rimanda, invece, al Libro dell’Apocalisse, al presentarsi di una nuova opportunità, di nuove prospettive cariche di futuro e di speranza.
La crisi, quindi, va vissuta nei suoi riflessi esistenziali e spirituali chiedendo a Dio cosa mi sta indicando e dove vuole portarmi attraverso le fatiche che sto sperimentando, nella certezza che per Dio tutto ha un senso, anche le esperienze che sembrano non averlo: «Perché Signore? E perché proprio a me?». Proprio la crisi, lo “stop” ai miei progetti, anche quelli belli, favorisce in noi una maggiore attenzione a Dio, un affidamento più deciso. Per chi avverte una particolare vocazione alla vita sacerdotale è come se Dio lo portasse alle periferie della vita facendogli esplorare i limiti dell’esistenza, per risvegliare in lui il desiderio e il bisogno di Dio. Si tratta di seguire la sua voce, di mettersi dietro a lui e di lasciaci guidare: lui, il Maestro, permette di conoscere noi stessi, di abitare tutti gli spazi dell’esistenza, di rafforzarci proprio grazie alla resilienza. La Bibbia descrive questo processo con l’immagine dell’essere saggiati come oro al crogiuolo (cf. Sap 6,3). Il crogiuolo è un recipiente utilizzato per la fusione dei metalli ad alte temperature; così la resilienza è essere messi alla prova, ma in essa siamo quasi costretti ad andare all’essenza e lì, spesso, emerge forte la voce del Signore.