Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Invitare una persona a mangiare a casa propria può essere imbarazzante: è un momento in cui ci si rivela in un modo non consueto, in cui si mostra la propria capacità di accogliere, di far sentire “a casa” l’invitato. Le nostre insicurezze (“Sarò in grado di interpretare i suoi gusti? I piatti che cucino gli saranno graditi? Troverà la casa abbastanza confortevole?”) possono arrivare ad essere così pesanti da bloccare il nostro intento di invitare.
«Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno» può farci pensare all’atteggiamento da avere quando noi siamo ospiti da qualcuno: cerchiamo di cogliere l’amore che sta dietro a quell’invito, il coraggio di proporre, la gioia dell’averci lì; anche se non tutto fosse perfetto, anche se non tutto soddisfacesse i nostri gusti, cerchiamo di vedere il bello di quel momento e di saperlo apprezzare.
Signore, aiutaci ad apprezzare l’amore che ci è donato.