IL MATTINO DI PADOVA 21 gennaio 2017 pagina 30
DON CONTIN E LA CHIESA CHE È ALTRO
l’opinione
di FERDINANDO CAMON
Il prete cosiddetto a luci rosse è una miniera per i giornali. Non solo giornali italiani, ma anche stranieri. Tra gli ultimi, “The Times”, “New York Post”, “The Independent”, “Le Parisien”…
È una notizia a risonanza mondiale, che agli occhi del mondo trasforma quest’area d’Italia, l’area del Nord-Est, nota fino a ieri come la sacrestia d’Italia, in una terra infingarda, ipocrita, dai divertimenti sfrenati, dove in pubblico i preti si presentano come bravi oratori, sapienti nel gestire gli oratòri pieni di ragazzi, abili nell’organizzare pellegrinaggi, benvoluti dai fedeli, ma sotto sotto, nel loro intimo, sono maniaci sessuali, uomini senza fede (se avessero un briciolo di fede, non si comporterebbero certo così), viziosi, in cerca di divertimenti costosi, capaci di spendere mille-duemila euro in un giorno, appassionati di viaggi snob, cacciatori e procacciatori di prostitute o simili.Il che vuol dire, non soltanto maniaci sessuali, ma anche lucratori sessuali, venditori di donne. C’è una sfrenata cupidigia in alcuni media che diffondono ogni giorno questa sporcizia. A volte (io lo sento) chi trova o inventa i particolari più scabrosi, gode, sotto sotto, perché la vera vittima è la Chiesa, che finalmente può essere offesa, schernita, derisa, umiliata.
L’altra vittima, coidentificabile con la prima, è il Nord-Est, terra ambigua, per una certa parte degli italiani bigotta e sacrilega, pia e blasfema. Terra di missionari, ma anche di preti sporcaccioni.
Io vivo in questa Terra. È mia madre. Mi sia consentito difenderla. Questa Terra non è così, questa Chiesa non è così. Questa è una volgare, banale, mediocre eccezione, inevitabile, che però non deve cambiare nulla nel nostro giudizio su questa parte d’Italia.
Percorriamola insieme, l’area da cui partono queste notizie. È un’area breve, interessante, scioccante. Ogni pochi metri una sorpresa. La parrocchia del prete a luci rosse (usiamo pure questa definizione) sta vicino a casa mia, se imbocco l’autostrada per Venezia-Trieste ci passo davanti. Prima di arrivare a quella parrocchia, a duecento metri da casa, in fondo alla via, trovo una chiesa. Accanto alla chiesa una nicchia, con la ruota degli esposti. Lì sorgeva un orfanotrofio, con i bambini da dare in adozione. Tra le inservienti, una donna, molto laboriosa, malpagata, che voleva adottarne uno. Quando venne il suo turno, puntò il dito e disse: “Quello”. Era un bambino cieco. L’unico bambino cieco di tutto il gruppo. Nella mia mente l’aneddoto si completa così: la madre naturale del bambino probabilmente l’aveva abbandonato perché era cieco, l’inserviente cattolica lo voleva proprio perché era cieco.
Se questo prete a luci rosse ha fatto quel che si dice, sta infangando la Chiesa, ma non offuscherà mai la luce degli esempi come questo.
Cento metri dopo c’è un istituto studentesco cattolico, dove ho incontrato due missionari scappati da un’area dell’Africa dove ai cattolici tagliavano la testa. I due erano stati catturati e imprigionati, aspettavano la fine. S’eran dati reciprocamente l’estrema unzione. Ma uno dei carcerieri era stato loro allievo, li riconobbe e li liberò. Di missionari che partono da qui per andare a insegnare nel mondo, questa parte d’Italia, il Nord-Est, è piena. Vanno a insegnare, ma anche a curare. Da nessun’altra regione partono altrettanti medici. Li spinge un’etica umanitaria nella quale la matrice cattolica è una forza. Ho incontrato un missionario comboniano, in una casa di riposo da queste parti: aveva 80 anni, aveva passato la vita in Africa, tornava per morire. Il mondo cattolico del Nord-Est è così.
Questo prete a luci rosse, se è come si dice, non ne fa parte. Probabilmente, non ne ha mai capito niente. Non è un prete sbagliato, è un uomo sbagliato. Se non fosse prete ma fosse un uomo sposato, forse che potrebbe vendere la moglie? Prendersi otto-dieci donne? Fare orge? Se è quel che pare, è un povero, triste, patetico uomo sbagliato. Non fa ridere, non fa pensare, non diverte. Fa soltanto un’infinita tristezza.