I Presepi della Comunità dei Ragazzi
Qui di seguito il comunicato dei catechisti che hanno analizzato i lavori eseguiti dai ragazzi durante il periodo Natalizio:

Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Gesù costruisce una frusta e caccia dal tempio i mercanti che rappresentano i vizi e dei mali e purifica quella che definisce “la casa del Padre mio”. Alla richiesta da parte dei giudei di un segno che testimoni questa sua affermazione lancia una sfida… di riuscire a ricostruire un tempio in tre giorni. I giudei non gli credono e anche noi siamo come i giudei: dubitiamo di fronte a questa frase. Dopo che Egli risorse noi ci “avviciniamo” alla figura dei discepoli e comprendiamo che il tempio di cui Gesù parlava non era altro che il suo corpo, che sarebbe risorto.
Signore, apri i nostri occhi, illuminaci con il tuo Spirito per non dubitare mai della tua Parola.
Qui di seguito il comunicato dei catechisti che hanno analizzato i lavori eseguiti dai ragazzi durante il periodo Natalizio:
Il pellegrinaggio che abbiamo compiuto tra gli ultimi giorni del 2018 e i primi del 2019 nella meravigliosa città di Madrid ci ha fatto assaporare una fede dal gusto quasi del tutto nuovo.
Secondo Elena: «I pellegrinaggi servono a capire se stessi e farsi nuove amicizie», ed è proprio quello che è accaduto. «È stata una bella opportunità per incontrare nuove persone provenienti da tutta Europa» racconta Elisa B. I momenti di condivisione tra diverse nazionalità «sono stati interessanti e un po’ mi hanno fatto crescere. Ognuno poteva parlare liberamente senza avere paura di essere giudicato» come dice Giorgia.
Se è vero che «grazie alle amicizie ci si può avvicinare a Dio» (Marina), è stato verificato anche il contrario. Infatti Andrea dice: «Recitare ogni preghiera in diverse lingue ci ha fatti sentire uniti nonostante non ci conoscessimo» ed «è stata una bella sorpresa scoprire che lì, tra i tanti giovani presenti, vi fossero non soltanto cattolici ma anche protestanti o “confusi” il cui credo o i cui dubbi venivano ugualmente accolti e rispettati», fa notare Claudia.
Un altro momento in cui Dio ci ha fatto sentire un corpo solo con lui è stato quando, alla fine della preghiera serale, posavamo la fronte sulla croce di Taizé: «Nonostante migliaia di altri giovani prima e dopo di me lo facessero, percepivo solo la presenza di Dio, quasi palpabile in quel legno», testimonia Elisa S.
Infine, questo spirito di unità è stato gustato nella «semplicità di ogni gesto. Da un canto a un pasto consumato in compagnia, dalla preghiera mattutina alla condivisione, con consapevolezza di essere tutti lì con uno scopo comune», racconta Paola.
In un sabato di Avvento Marco, Matteo e Nicola (nomi di fantasia) sono di buon’ora a montare le luci dell’albero di Natale nella piaz-zetta adiacente la chiesa, dopo che la settimana prima avevano cercato, rincorso e montato la struttura dispersa in ogni angolo della parrocchia.
Montano i due tubi di luci uno di seguito all’altro attorno all’intelaiatura, verificano che siano funzionanti, un po’ alla volta salgono dal basso verso l’alto fin quasi ad arrivare alla cima dell’albero, alla stella, ma all’improvviso le luci della fila superiore, peraltro un po’ vecchie e forse usurate, smettono di funzionare. Poco male, hanno una riserva. Dovrebbe servire a qualcos’altro, ma tant’è. La fatica raddoppia, visto anche il freddo della giornata, ma in fin dei conti è l’albero di Natale!
Ore 12.30: albero perfettamente funzionante. Missione compiuta!
Nel pomeriggio, incontro della Comunità dei ragazzi, lavoretti di Natale con loro e i nonni in patronato; giunto il buio si accende davanti a tutti il favoloso albero, ma… è solo un alberello di luci fluttuanti nel buio! Nella parte inferiore, per una buona metà, è infatti spento!
Bisogna subito correre ai ripari e andare a comprare delle luci nuove; Marco e Rossella partono alla ricerca: una porta… due porte… quanti soldi, accipicchia! Tornano sconsolati da Roberta pensando a cosa fare per risolvere il problema: così l’albero è veramente triste. Si decide di fare uno sforzo economico (ma non ditelo a Franco, il tesoriere) e acquistare i 40 metri di luci mancanti.
Il povero Marco l’indomani si reca al negozio per acquistare il tutto. Le sceglie, le ha in mano e sta andando alla cassa quando il telefono suona: è arrivato un angelo di nome Davide con una fila di 50 metri di luci, perfette per sistemare l’albero!
Perché gli angeli non sono solo in cielo…. Ci sono anche e soprattutto intorno a noi e magari aspettano solo che ce ne accorgiamo e ci rivolgiamo a loro.
Tutti i nomi di questa storiella sono di fantasia, ma potrebbero essere i nomi di ciascuno di noi: cerchiamo di scoprire quali sono i veri angeli che abbiamo intorno a noi quotidianamente.
Come un treno in partenza, lentamente e rumorosa-mente, anche l’attività del Centro Mondo Amico è ripresa.
C’è chi ha già lasciato il Centro per altra sistemazione, chi è arrivato da poco; attualmente ci sono tre mam-me e quattro bambini.
La casa è piena di vita non solo grazie alle ospiti ma anche grazie a chi frequenta il corso di italiano, il corso di maglia del lunedì oppure per chi entra per un saluto o per un’occhiata al negozio Vintage.
Significativo e emozionante è stato il giro sul trenino della chiara stella: tutti, gente del quartiere e ospiti del Centro, a cantare insieme... Jingle bells risuonava in quattro lingue diverse! Che sia questo lo Spirito del Natale?
La giornata del 27 gennaio nella nostra città sarà interamente dedicata alla pace.
In mattinata, dalle 10.00 alle 12.30, saranno organizzati due laboratori-convegni:
Nel pomeriggio, invece, lungo le strade del quartiere Arcella si snoderà la Marcia per la pace, che partirà alle 14.00 dal piazzale della stazione per arrivare allo stadio Colbachini. Lungo il percorso saranno allestiti punti con animazioni e testimonianze.
Alle ore 17.00 si concluderà l’iniziativa con la messa celebrata dal vescovo Claudio nella chiesa di San Carlo.
All’annuncio dell’angelo «Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore», rispondono per primi i pastori, certamente sbigottiti. Chi sono oggi questi pastori e che significato hanno?
Sono persone come noi delle parrocchie di Mandria e di Voltabrusegana, sono persone che cercano di costruire la comunione attorno alla presenza di Gesù - la possiamo anche chiamare fede - e che nel bambino cercano di scorgere con curiosità e disponibilità di cuore il volto di Dio.
La stalla è l’ambiente improvvisato della nascita di Gesù e mostra bene la situazione delle nostre due parrocchie: in divenire, in cambiamento e di passaggio; un processo che è solo agli inizi.
Tante cose si sono trasformate in questi anni, soprattutto perché la società e la città cambiano. Inutile, forse anche dannoso, rimanere ancorati a schemi passati, anche se meritevoli. La nostra stalla è quello che abbiamo oggi per far abitare il Signore nelle nostre comunità che non sono pro-loco né agenzie di servizi, ma luoghi in cui le persone - i pastori di oggi - si incontrano per vivere la fede, per sentire Gesù, per condividere trasmettere il vangelo. In effetti nelle parrocchie si sta bene se si viene per ricercare questo.
Anche quest’anno le comunità di Mandria e di Voltabrusegana vivranno insieme la notte di Natale. Alle 23.30 i giovani animeranno la veglia in preparazione al
Natale nella chiesa di Mandria (Pasqua si celebra a Voltabrusegana), poi seguirà la messa di mezzanotte. La celebrazione di questi momenti fatta insieme è una necessità come pure un’occasione per ritrovarci, come i pastori che giungono da luoghi diversi attorno a Gesù: non credo che il vangelo ci chieda qualcosa di diverso e penso che questi piccoli gesti, fat-ti o non fatti, rivelino qualcosa di ciascuno e delle propria fede.
A tutti giunga l’augurio personale e comunitario di un buon Na-tale: buono non perché tutto andrà bene, lo sappiamo, ma buo-no perché la presenza di questo bambino possa davvero attirarci e condurci a Dio.
Buon Natale
Don Lorenzo
Un acronimo che è anche un simbolo: CDAVx, Centro Di Ascolto Vicariale delle Povertà E delle Risorse.
Le ultime tre lettere sono rappresentate dalla x che si può leggere “PER”, come acronimo di Povertà E Risorse, ma anche “X”, come l’incognita nei simboli della matematica.
La x è in apice, come gli esponenti delle potenze: CDAV elevato alla x. Il Centro di ascolto vicariale cerca infatti di promuovere la carità (elevando la comunità che è fatta di povertà e risorse), ma i frutti sono incognite che non conosciamo in cui, tuttavia, speriamo perché le relazioni, il Centro di Ascolto, l’impegno a curare e creare reti, sono una potenza.
Il CDAVx è un luogo, un tempo, delle persone dedicate solo ed esclusivamente all’ascolto.
Ne possono usufruire tutte le persone, in particolare quelle in difficoltà, che cercano accoglienza, vicinanza e aiuto, ma le porte sono aperte anche a coloro che desiderano offrire il proprio tempo per fare del volontariato.
Nel nostro vicariato sono presenti due sportelli:
Alcuni dati del CDAVx del Bassanello dal 1° gennaio al 31 ottobre 2018:
Tu puoi:
Io ho scelto di fare il presepe, ma non certo perché lo pensano alcuni o non lo pensano altri, neppure per chissà quale reazione o per chissà che altra protesta. Io ho scelto di farlo per il motivo per cui l’ho fatto anche gli altri anni.
Mi piace costruire il presepe, anche se semplice, anche se non ho molto tempo. Mi ricorda quand’ero bambino: per noi era un gioco, eppure quel gioco ha lasciato in me delle tracce tenere ma profonde come i solchi che l’aratro scava nelle zolle di terra, quei solchi che assomigliano quasi a pietre rovesciate. Oggi direi che fare il presepe è stata una meditazione che ha fatto sì che la Parola del Signore scavasse nella carne della mia anima. Magari tutte le cose “più serie” dei giochi avessero questi effetti!
Scelgo di fare il presepe perché è il mio modo di attendere, di desiderare, di “crearti”, Gesù. Quando penso a come mettere le statue immagino la relazione tra i personaggi, posso sentire cosa si dicono e posso vedere l’espressione dei loro volti.
Penso che qualcuno sa già come andrà a finire: “arriva il Messia” (questi c’erano anche lo scorso Natale!); altri sono ignari del perché si trovino in quella scena: come noi, anche loro hanno motivazioni diverse, ma anche l’accidentalità può farci incontrare Dio. Mentre costruisco il presepe immagino e creo l’ambientazione, prima quella più estesa, poi, pian piano, per ultima, il punto in cui si collocherà Gesù: al centro o in parte, visibile in alto oppure in nascosto in basso. Sembrava un gioco e invece era il modo di esprimere una fede diversa, una fede che cambia perché viva.
A dire il vero, adesso che ci penso, non esiste un modo diverso di attendere e desiderare: il desiderio o è un’emozione e un sogno, pertanto non esiste, oppure è qualcosa di concreto, come un gioco, un gioco che alla fine mi dice come mi sento e chi sono davanti a Dio.
I siti delle altre parrocchie del nostro vicariato: