Quest’anno alcuni ragazzi delle parrocchie di Mandria, Voltabrusegana e - ospite speciale - Tencarola hanno partecipato ad un camposcuola decisamente “alternativo” in quanto si è tenuto all’estero, a Dublino, per ben due settimane, e ha dato la possibilità di approfondire la conoscenza della lingua inglese e di conoscere direttamente altre realtà religiose.
Ospitati da alcune famiglie del posto, i ragazzi hanno alternato momenti di studio presso l’Emerald Cultural Institute con occasioni di scoperta di luoghi caratteristici della città e dei dintorni, senza dimenticare di riservare del tempo per attività di riflessione.
Trovandosi in uno Stato che in passato ha risentito delle aspre ostilità tra cattolici e protestanti, questo camposcuola mirava a dare la possibilità ai ragazzi di conoscere le peculiarità delle chiese protestanti rispetto alla cattolica intervistando la gente del luogo e incontrando un pastore anglicano. Proprio quest’ultima occasione è stata particolarmente soddisfacente e utile allo scopo, ma l’impatto iniziale è stato forte: non capita tutti i giorni di incontrare... una donna vestita da prete! Il reverendo Cathy ha spiegato come funziona una messa anglicana, come svolge il suo operato di pastore, quali attività si svolgono nella sua comunità e con molta pazienza ha risposto alle domande che le venivano poste sulle differenze tra anglicani e cattolici: è stato sorprendente scoprire si tratta davvero di poche cose.
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«Se un mio fratello commette una colpa contro di me, quante volte dovrò perdonarlo? Fino a settata volte sette», (cf. Mt 18, 21-22).
Incredibile e impossibile: eppure, se nella vita non ci si perdona, la vita stessa diventa un inferno («L’inferno sono gli altri», cit. J.P. Sartre). Se non si fa il primo passo e se non si coglie il gesto di chi lo sta facendo, rimane l’ingiustizia, il male cresce e si sta male, perché il male fa male. Viceversa aprendoci al dialogo, cercandolo, muovendo il primo passo, nell’incontro tutto si scioglie, il male piano piano si spegne per lasciare spazio alla pace nel cuore, alla serenità nelle relazioni: «beati gli operatori di pace» (cf. Mt 5,4).
Il «fratello» di cui parla il vangelo è il cristiano della tua comunità. I cristiani tra loro dovrebbero chiamarsi “fratelli” perché realmente lo sono: tra noi vi è lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo e, nonostante le diversità, è sempre molto più ciò che ci unisce di ciò che ci divide. Tutte le volte che ho avuto il coraggio di credere ciò, e di fare il primo passo, ho sperimentato quanto vero sia questo vangelo e quanto bene faccia: sta male chi tiene rancore nel cuore.
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