La cosa incredibile è che non è un’idea nostra e neppure di Papa Francesco. L’Anno della misericordia è un’idea di Dio. L’ha inventata lui e l’ha voluta condividere con gli uomini fin da subito (cf. Levitico, 25). Il Papa ha scelto questo Giubileo straordinario per ricordarci che Gesù è il nostro Samaritano che si mette pazientemente per strada, si prende cura di noi e fascia le nostre ferite: ci ama. Se ci lasciamo raggiungere dall’amore di Dio, saremo pronti per un’altra storia.
Come si vive il Giubileo? Anzitutto esso non è solamente varcare una porta o fare un pellegrinaggio, questi sono segni esteriori necessari che devono, però, incidere nelle scelte. L’atteggiamento corretto è duplice: sentire il bisogno di cambiare qualcosa perché questo è il momento favorevole, e chiedere l’aiuto e la misericordia di Dio. In parole semplici, ci sono aspetti della nostra vita che facciamo davvero fatica a cambiare perché sono radicati nel carattere; chiamiamoli, se vogliamo, peccati, oppure in qualsiasi altro modo, ma rimangono aspetti che non ci piacciono. Abbiamo tentato tante volte, investendo tante risorse, a modificare questi tratti caratteriali (con esisti positivi o meno), ma continuano ad essere causa di tensioni interiori, delle vere spine nel fianco. In quest’anno Dio ci ama in modo particolare nelle nostre ferite. Una cosa che blocca l’amore di Dio è l’atteggiamento che tende a giustificare il male: da questo sì dobbiamo guardaci bene. Dio non è fermato dal male, anzi è venuto per liberarci da esso, ma la scelta libera di acconsentire o meno e di giustificare o meno il male può aprire le porte a Dio oppure chiuderle. Ecco quali sono le vere porte da aprire. Certo si apriranno quelle delle basiliche: per questo Giubileo non sarà obbligatorio recarsi a Roma, ma potrà essere vissuto in ogni diocesi.
Il giubileo per i cattolici è, quindi, un tempo straordinario di Grazia, nel quale concedersi a Dio, ovvero riconoscere i propri peccati e affidarsi alla sua misericordia, e durante il quale chiedere grazie particolari. In quest’anno Dio si mette proprio a disposizione, chiediamogli cose grandi: la capacità di amare e di donare la vita, la forza di fare scelte coraggiose e le motivazioni per aiutare i poveri e quanti si trovano in difficoltà, il coraggio di cambiare il nostro cuore e la pace, l’unità tra noi cristiani e la coerenza della testimonianza; chiediamogli di vivere il vangelo senza ambiguità. In questo tempo possiamo davvero mettere in sesto le nostre vite anche se dovessero essere sbandate. Una cosa è pericolosa: l’atteggiamento dei farisei, ovvero quello di sentirsi a posto: «Sono gli altri a dover cambiare, io non ho bisogno del Giubileo».
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I vescovi italiani si sono riuniti a Firenze per riflettere su quale sia il modo migliore per “dire” e per “vivere” l’uomo e Dio nel nostro tempo e nella nostra Italia. Le parole, i gesti e le scelte di Papa Francesco segnano tratti precisi, già presenti nella storia della Chiesa, e aiutano tutti noi cristiani a trovare la via migliore oggi per far sì che l’uomo possa incontrare Dio.
Il centro è sempre Gesù, modello di umanità piena, con la sua bellezza e le sue virtù che troviamo ben descritte nelle beatitudini (Mt 5,1-12). Dall’altra parte c’è l’uomo, l’umanità intera, che se da un lato, essendo immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), ha una sua legittimità ed è portatrice di verità e di senso, dall’altro è segnata anche dalla fragilità e dal limite del male e del peccato e, pertanto, tende a migliorarsi e a guardare a Gesù come esempio e modello. In questo viaggio tra l’uomo e Dio, in questo dialogo del Creatore con la sua creatura, si gioca la nostra storia. La domanda, se si vuole, è sempre quella: quali strade e quali scelte intraprendere perché Dio e l’uomo continuino a incontrarsi?
Questa tensione chiede a noi d’interrogarci sul modello di uomo che si vuole formare e su chi sia l’esempio a cui ci riferirsi.
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