Tra ferite e feritoie
Durante questa estate il clima non è certo mite, e non stiamo parlando della sola temperatura climatica. Assistiamo quotidianamente ad eventi che manifestano un’umanità ferita: sbarchi di poveri clandestini e illegalità, violenze e corruzioni, difficoltà d’incontro tra culture e tensioni religiose, desideri frustrati di un futuro sereno e carenza di lavoro, famiglie in difficoltà e insoddisfazioni nelle relazioni, insufficienze economiche nel piccolo delle case e dei paesi, crisi finanziarie internazionali, e ancora mancanza di sicurezza, libertà...
Bandiamo subito le troppe proposte ideologiche e demagogiche: lasciamole alle spalle, tra poco passeranno. Passiamo, invece, ai fatti, o meglio alla prima delle azioni: il dialogo.
Dialogo con me stesso: ascoltarmi, fermarmi, dedicarmi del tempo per sentire e capire che tipo di uomo o donna voglio essere, che umanità desidero diventare ed esprimere.
Questo significa risvegliare la mia natura per sentire chi voglio essere.
Le nostre azioni ci modificano e le intenzioni vanno in secondo piano, ovvero sono meno forti delle azioni: se ho un’intenzione buona ma agisco male, quella che inciderà sulla mia persona sarà sempre l’azione. L’azione è formativa, anzi performativa: determina la mia struttura umana.