Di fronte agli eventi che frequentemente accadono (attentati idolatri, sterminio di cristiani, insicurezze sociali, deliranti omicidi…) mi sono chiesto quale sia la radice di tutto questo male. Vi lascio alcune riflessioni.
L’odio non ha una cura per il semplice fatto che non è una malattia (se così fosse sarebbe tutto più semplice), piuttosto esso è un sentimento che tutti proviamo tra i più complessi e variegati, e che comprende emozioni e valutazioni, strategie e tratti della personalità condizionati dalla storia e dalle relazioni personali.
Esso può essere fronteggiato anzitutto smascherandone la subdola falsità. Conoscere l’odio infatti è importante, ma è più facile che, per pudore o per tabù, cerchiamo invece di evitare l’incontro con il “nostro odio” appena ne avvertiamo la minima percezione, credendo che la soluzione migliore sia soffocarlo. Un’antica evidenza biblica in riferimento all’odio si esprime così: non giudicare. Quando di una persona (un popolo, un’etnia, un’appartenenza religiosa, sociale, politica…) giudichiamo non semplicemente gli atti ma l’essenza stessa pensando di conoscerne le intenzioni profonde, si finisce per attribuirvi in maniera deformata e ingigantita qualcosa che appartiene piuttosto a noi che stiamo giudicando.
La psicologia descrive questa operazione come “identificazione proiettiva”, che è di fatto l’ostacolo più forte per uscire dal male compiuto proprio perché tende a bloccarne un personale riconoscimento. Il primo passo allora è ammettere l’odio che, come ogni sentimento, vive dentro noi: ammetto di provare oio per le persone di altre etnie, le odio perché non lavorano, rubano…, ammetto di odiare il mio vicino di casa perché mi risulta fastidioso, ammetto di odiare il mio familiare, il mio titolare, il mio fratello di comunità, ammetto di essere invidioso di chi ha più di me o raggiunge più successi, ecc…; ammetto di odiare chiunque sia nella condizione di far nascere in me tale emozione.
Leggi tutto: La radice del male
-
È tutto il pomeriggio che Giulia mi chiama: «Mamma! Giada salta sui letti e non riesco a concentrarmi sui compiti! Mamma! Alice ha scarabocchiato il quaderno di attività libere di scuola! Mamma! Anna prende i colori dal mio astuccio!»
Scende la sera e mia figlia non riesce a dormire: è ancora arrabbiata con la sorelle e si gira e rigira nel letto brontolando. Mi avvicino in punta di piedi e la bacio dolcemente sulla fronte. In realtà mi viene un po' da ridere a pensare a Giada che saltella, a Anna che finge di fare i compiti e a Alice che fa i dispetti per attirare l'attenzione della sorella, ma cerco di restare seria... stoica.
«Le sorelle mi danno fastidio!» mi risponde mordendosi le labbra. Sono di nuovo messa alla prova come mamma: Giulia chiede giustizia ma vuole essere anche consolata e compresa.
Mi siedo sul suo lettino e nel buio della stanza le sussurro: «So che a volte sorgono pensieri brutti che vogliono convincerti che la tua non è la famiglia giusta per te, che la tua vita non è come la desideri, che vorresti che le cose fossero diverse a casa, a scuola, a ginnastica. Caccia via questi pensieri perché non vengono da Dio! Non farti fregare... Fidati di Dio! Egli ci ha messo vicino le persone giuste per la nostra vita e per il nostro bene, anche quelle che non ci piacciono, per insegnarci ad amare anche loro!
Ti ha donato delle sorelle per insegnarti la pazienza e la condivisione, e dei genitori che non sono perfetti, ma ti amano profondamente. Dio ti ha pensato e ti ama così come sei! Egli fa le cose bene, Giulietta mia! Il suo è un progetto d'amore pensato proprio e solo per il tuo bene. Se non ti ribelli alla vita che Dio ha pensato per te, vedrai meraviglie!»
Giulia mi abbraccia e chiude gli occhi. Esco dalla stanza e sento Giada che parla con la sorella: «Giulia, mi insegni una nuova cornicetta?» «Sì, Giada, domani ti faccio vedere quella del cigno! Adesso dormi» «Buonanotte Giulia» «Buonanotte Giada».
Una mamma